“Man Ray. Forme di luce”: a Palazzo Reale la grande retrospettiva sul maestro delle avanguardie

Oltre trecento opere tra fotografie, disegni, oggetti e film per raccontare il genio che ha ridefinito i confini dell’arte del Novecento

Man Ray, “Le Violon d’Ingres” (1924)

Man Ray, “Le Violon d’Ingres” (1924)

Apre mercoledì 24 settembre a Palazzo Reale la mostra “Man Ray. Forme di luce”, un’ampia retrospettiva dedicata a uno dei protagonisti assoluti dell’arte del Novecento. Promossa dal Comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale con Silvana Editoriale, l’esposizione curata da Pierre-Yves Butzbach e Robert Rocca resterà visitabile fino all’11 gennaio 2026. «Con questa grande retrospettivaha dichiarato l’assessore alla Cultura Tommaso SacchiMilano rende omaggio a un artista totale, capace di parlare ancora oggi al presente con la sua forza innovativa. Man Ray è stato pittore, fotografo, cineasta e sperimentatore instancabile: le sue immagini, ironiche ed eleganti, restano iconiche e attualissime».

Il percorso di un artista totale

Nato a Philadelphia nel 1890 da una famiglia ebraica di origini russe, Emmanuel Radnitsky assunse presto lo pseudonimo “Man Ray”, unendo l’idea dell’uomo al “raggio di luce”. Dopo i primi anni di formazione negli Stati Uniti, si trasferì a Parigi nel 1921, entrando in contatto con il gruppo surrealista di André Breton e con figure come Louis Aragon, Paul Éluard e Robert Desnos. A Montparnasse incontrò Kiki de Montparnasse, modella e compagna, protagonista di immagini divenute simbolo della storia della fotografia, come Le Violon d’Ingres e Noire et blanche. A lui si devono invenzioni tecniche come la rayografia – immagini ottenute senza macchina fotografica, esponendo oggetti direttamente su carta fotosensibile – e la solarizzazione, sviluppata negli anni Venti insieme alla fotografa Lee Miller. L’artista seppe muoversi con la stessa libertà tra pittura, disegno, fotografia e cinema, dando vita a cortometraggi come Le Retour à la raison (1923) ed Emak Bakia (1926), testimonianze di un linguaggio radicalmente nuovo. Negli anni Trenta si impose anche nella fotografia di moda, collaborando con stilisti come Poiret, Chanel e Schiaparelli, e portando nel settore un linguaggio sofisticato e innovativo. Dopo l’esilio negli Stati Uniti durante la Seconda guerra mondiale, tornò a Parigi nel 1951, dove continuò a lavorare fino alla morte, avvenuta nel 1976.

Una retrospettiva monumentale

Il percorso espositivo milanese raccoglie circa trecento opere tra fotografie vintage, disegni, litografie, oggetti e documenti provenienti da collezioni pubbliche e private. Le sezioni della mostra permettono di seguire l’evoluzione della sua ricerca: dagli autoritratti e ritratti degli intellettuali del suo tempo, alle immagini dedicate alla figura femminile, musa costante della sua arte; dai nudi trattati come forme astratte, alle rayografie e solarizzazioni, fino ai ready-made e ai lavori legati alla moda. Un’intera area è dedicata al cinema, con la proiezione dei suoi quattro film più noti. L’allestimento porta la firma dello Studio ZDA – Zanetti Design Architettura e accompagna il visitatore in un viaggio tra sperimentazione, eleganza e provocazione. A corredo, un catalogo edito da Silvana Editoriale, con testi dei curatori e di Raffaella Perna, oltre ad apparati bio-bibliografici che contestualizzano la parabola dell’artista.

Milano e l’Olimpiade Culturale

La mostra si inserisce nel programma dell’Olimpiade Culturale di Milano Cortina 2026, un cartellone multidisciplinare diffuso su tutto il territorio nazionale che accompagnerà i Giochi Olimpici e Paralimpici Invernali italiani. L’appuntamento con Man Ray diventa così non solo un omaggio a una delle figure più influenti del Novecento, ma anche un tassello di un percorso culturale che unisce arte, sport e valori universali.
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