Lettura di poesie, canzoni e interventi in ricordo di Fernando Rausa
Omaggio al poeta nel centenario della nascita, 1926/2026:
Casa della Cultura, piazza Umberto I Poggiardo (LE) 3 gennaio 2026 dalle ore 16

Fernando Rausa Poggiardo (3-1-1926/25-2-1977)

Un incontro per ricordare Fernando Rausa
Nel ricordo di Fernando Rausa nato a Poggiardo (3-1-1926/25-2-1977) i figli con l’Amministrazione Comunale organizzano un incontro per mantenere viva la sua memoria giunta fino a noi attraverso i numerosi libri di poesie in italiano e in dialetto da lui scritti e pubblicati e anche le raccolte postume.
Le opere di Fernando Rausa
Si tratta di “Poggiardo mia” e “L’occhi ‘ntra mente” (1969), “Fiuri e culuri” (1972), “Guerra de pace” (1976), autoprodotte e “Terra mara e nicchiarica” (2006, Manni Editore) con prefazione del rettore Donato Valli che lo definì una voce fuori dal coro, “L’umbra de la sira” (2009, Edizioni Atena) e “Li fiuri de la Pathria” (2014, Tipolitografia Zages).
Dal paesaggio salentino ai grandi temi sociali
Significativo il passaggio dalla rappresentazione di scorci e persone paesane, con una vena sempre ironica ma benevola ed espresse con quel doppio senso ambiguo tipico della nostra terra salentina, al passaggio più impegnato sui grandi temi sociali del nostro tempo a partire dal fenomeno straziante dell’emigrazione alla ricerca di un lavoro e del pane, al Nord dell’Italia e in tutta Europa, fenomeno che aveva condotto a separare le famiglie.
“L’oru de lu Sud”: la metafora della vergogna
Significativa al proposito la poesia “L’oru de lu Sud”, laddove una metafora potente immagina il paese ridotto all’emblema di un vecchio piegato dalla fatica e dagli anni mentre il campanile suona le ore della vergogna e rimbomba a vuoto, privo com’è della sua forza vitale, i giovani, e un vento (faria) triste attraversa il paese e lo abbandona vergognoso di tanto strazio.
“Traujati sta terra”: il riscatto dei giovani
Dalla stessa raccolta il riscatto nella poesia “Traujati sta terra”, un monito, un incoraggiamento rivolto ai giovani affinché riportino nuova vita sulla terra (con un nuovo travaglio del parto) e seminino luce a quelli che non sanno, caricandoli di ruolo e responsabilità.
La lingua, la tradizione e l’identità popolare
La novità delle sue poesie da autodidatta (aveva frequentato sino alla quinta elementare) è nell’utilizzo di una lingua e di vocaboli desueti e soprattutto tratti dalla cultura contadina e innervati nella tradizione popolare, che ha permeato la nostra terra. In una lingua che egli definisce così: “ca mamma e tata me ‘mparasti ddicu”. Le prime parole imparate dall’infante segnano già il sentiero intrapreso, come l’amore per il proprio paese e per la poesia di cui si dichiara ‘nnamuratu.
“Terra mara e nicchiarica”: la ripubblicazione postuma
Termine e condizione che spinsero Donato Valli a suggellare con il suo scritto la ripubblicazione postuma nel 2006 della raccolta “Terra mara e nicchiarica”, tradotto come “Terra amara e desolata”, per il dolore e la fatica dello spietramento e la preparazione per ricevere i semi di un nuovo raccolto più coscienzioso e umano.
Paolo Rausa