“Tutto a posto e niente in ordine”: l’autobiografia travolgente di Lina Wertmüller, tra vita, cinema e ironia
Lina Wertmüller, con Tutto a posto e niente in ordine, racconta la propria vita con lo stesso spirito ironico e visionario che ha caratterizzato il suo cinema. Tra aneddoti esilaranti, invenzioni narrative e riflessioni acute sull’Italia e sull’arte, l’autobiografia diventa un viaggio coinvolgente nella mente e nel cuore di una regista fuori dagli schemi.

28 agosto 2025
Con Tutto a posto e niente in ordine, Lina Wertmüller regala al lettore un’autobiografia che si legge come un romanzo picaresco, un film d’autore o una lunga chiacchierata spiritosa e intelligente. Ironica, surreale, ma anche intensamente autobiografica, la regista si racconta con lo stesso sguardo tagliente e affettuosamente grottesco che ha sempre riservato ai suoi personaggi. Non è un semplice memoir, ma una vivace cavalcata tra aneddoti, invenzioni letterarie e lampi di sincerità, narrata con un’ironia dissacrante e uno stile che mischia oralità, letteratura e sceneggiatura cinematografica. È un libro che rispecchia perfettamente la sua autrice: sfuggente alle etichette, esplosiva, esuberante e coerentemente fuori dagli schemi.
Le origini di un destino
Il racconto prende avvio nel modo più “wertmülleriano” possibile: non con una data o un evento storico, ma con un moscone che ronza nella stanza al momento della sua nascita e un padre che sospetta una trasmigrazione d’anima. Segue, come prologo, un esilarante racconto d’invenzione sulle origini aristocratiche della famiglia Werdmüller, in cui duelli d’onore, danzatrici ammalianti e colpi di scena sembrano usciti da un feuilleton ottocentesco. È l’annuncio di uno stile narrativo che si muove liberamente tra verità e finzione, dove il tono favolistico e lo humour sdrammatizzano anche i passaggi più intensi. Lina costruisce fin dalle prime pagine un mondo popolato da personaggi larger-than-life, a cominciare da se stessa.
Uno sguardo lucido sull'Italia e su chi l'abita
Il racconto di vita di Lina Wertmüller è anche un’acuta riflessione sulla società italiana del Novecento, osservata sempre con ironia ma mai con superficialità. L’Italia che emerge dalle sue parole è contraddittoria, goffa, vitale, attraversata da un’energia che si esprime tanto nel disordine quanto nella bellezza. Un Paese popolato da maschere tragiche e buffe, proprio come i suoi film, dove coesistono il fervore proletario e le nevrosi borghesi, la fede cattolica e la spavalderia anarchica. Wertmüller non si limita a raccontare il proprio vissuto, ma lo intreccia con uno sguardo critico su una nazione che sembra sempre alle prese con se stessa. Il cinema diventa così il mezzo per dissezionare le storture, le ipocrisie e i paradossi del “bel Paese” – e ridere, mentre lo si fa.
L’arte come la vita (e viceversa)
Ciò che attraversa ogni pagina è un’idea di creatività vissuta come esigenza viscerale, come motore dell’esistenza. Lina Wertmüller non distingue mai davvero tra vita e lavoro: teatro, cinema, scrittura, amore e amicizie si confondono in un’unica, instancabile ricerca di bellezza, senso e risate. La presenza costante del marito Enrico Job e della figlia Maucì, i sodalizi con figure come Fellini o Garinei & Giovannini, raccontano un mondo artistico ricco di affetti, collaborazione e passione condivisa. L’autrice attraversa tutto con l’energia di chi ha scelto, come motto esistenziale, di stare “dal lato assolato della strada”. È questo sguardo luminoso, incantato ma mai ingenuo, che fa della sua autobiografia una lettura travolgente, dove ogni ricordo è anche un piccolo atto d’amore verso l’arte, il Sud, il cinema e l’irriverente meraviglia del vivere.
Federica Chimenti
Scheda libro
28 agosto 2025