"Totò proibito": quando la risata diventava un crimine di Stato
Ricostruisce il lungo confronto tra Antonio de Curtis e la censura italiana nel dopoguerra, svelando tagli, divieti e pressioni sul suo cinema. Attraverso documenti inediti, Alberto Anile mostra come la comicità di Totò fosse percepita come una minaccia all’ordine morale e politico dell’epoca.

18 luglio 2025
Totò proibito di Alberto Anile è un saggio storico e culturale che scava nei rapporti controversi tra il comico più amato del cinema italiano e la censura della prima Repubblica. Basato su documenti inediti, lettere ministeriali, appunti dai set e verbali delle commissioni di controllo, il libro illumina una battaglia spesso invisibile che si è consumata dietro le quinte del cinema popolare. Con rigore filologico e stile vivace, Anile ricostruisce come l’umorismo eversivo di Totò venne smontato, tagliato e spesso mutilato da funzionari e sottosegretari decisi a proteggere l’ordine morale e politico dell’epoca.
Le prime mosse della censura sul corpo comico di Totò
Il volume si apre con una ricostruzione precisa del funzionamento della censura cinematografica nel dopoguerra, ereditata in buona parte dalla legislazione fascista e rafforzata dai governi democristiani. Anile accompagna il lettore nei meccanismi burocratici e nei riti oscuri del "nulla osta", spiegando come sceneggiature e pellicole venissero vagliate, modificate o bloccate del tutto. Totò diventa presto bersaglio di questo sistema: le sue gag, le sue smorfie, persino un gesto mimico potevano turbare la sensibilità del potere, che vedeva nel comico napoletano una mina vagante. Emblematica la descrizione del comico come corpo erotico e politico insieme, capace di dire senza dire, di scardinare i codici anche solo con uno sguardo o una camminata.
Il riso come minaccia all’ordine costituito
Anile mostra come Totò, sotto la maschera del buffone popolare, incarnasse un potenziale sovversivo che preoccupava profondamente l’establishment. Le sue battute contro le autorità, le sue fughe dalle guardie, la sua ironia sul paradiso e sull'inferno non erano solo trovate comiche: erano letti come attacchi all'autorità costituita, al perbenismo, alla religione di Stato. Nonostante non fosse mai apertamente polemico, il suo linguaggio era ambiguo, stratificato, fatto di sottintesi e allusioni. Ed è proprio questa ambiguità — la capacità di veicolare dissenso sotto il travestimento della risata — ad aver spaventato i censori più della satira diretta.
Un comico più pericoloso di quanto sembri
Totò fu uno dei rari esempi di artista capace di attraversare indenne — eppure profondamente segnato — i confini tra arte popolare e critica sociale. Senza alzare il pugno né sfidare apertamente i poteri, il comico metteva a nudo l’ipocrisia, scardinava le convenzioni, denunciava senza farlo esplicitamente. La censura ne intuì la portata, reagendo con tagli, ritardi, divieti e consigli “verbalmente caldamente sconsigliati”. In questo senso, Totò proibito non è solo un libro su un attore, ma su un’Italia che voleva ridere senza pensare, e che proprio per questo fu costretta a censurare chi sapeva farlo troppo bene.
Federica Chimenti
Scheda libro
Titolo: Totò proibito. Storia puntigliosa e grottesca dei rapporti tra il principe De Curtis e la censura
Autore: Alberto Anile
Editore: Lindau
Data di pubblicazione: 1 gennaio 2005
Genere: Saggio / Cinema / Storia della censura cinematografica italiana
Lingua: Italiano
Pagine: 227
Formato: Copertina flessibile
18 luglio 2025