Cosa fare la notte di Halloween a Milano: un tour da "paura" dalla periferia al Duomo, tredici tappe tra streghe, fantasmi e spiriti
Venerdì 31 ottobre 2025, prova un itinerario notturno, unico nel suo genere, che attraversa Milano con soste brevi e spostamenti rapidi: leggende, misteri e brividi fino al cuore della città

31 ottobre, vivi una notte "terribile" nel capoluogo meneghino
Halloween non nasce in America: affonda le radici nel capodanno celtico di Samhain, quando si riteneva che il velo tra il mondo dei vivi e quello dei morti si assottigliasse. Ma qui non intendiamo fare una lezione di storia: bastano questi accenni per entrare nello spirito della notte. Quello che segue è un tour urbano pensato per chi vuole vivere Milano come un grande teatro del mistero: tredici tappe, ordinate dalla periferia verso il centro, con circa quindici minuti per ogni spostamento e dieci minuti sul posto per ascoltare la leggenda, osservare i luoghi e ripartire. Un’esperienza immersiva, innovativa e adrenalinica, da affrontare con curiosità e un pizzico di coraggio.
1. Via Mecenate – Il fantasma dell’aviatore
Si parte a est, nell’area dell’ex aeroporto di Taliedo, primo scalo milanese nato nel 1911 accanto alle officine Caproni. Qui l’aviazione italiana muoveva i primi passi e gli incidenti durante i collaudi erano frequenti. Da allora, raccontano i residenti, nelle notti fredde compare la sagoma di un uomo con un pesante giubbotto di pelle da pilota: cammina lungo via Mecenate con lo sguardo rivolto verso i capannoni, come in cerca di un volo mai decollato. C’è chi giura sia l’ingegner Caproni, chi un collaudatore caduto in servizio; tutti concordano su un dettaglio: quell’andatura lenta e malinconica, come se cercasse ancora la pista. Dieci minuti bastano per lasciarsi avvolgere da questo silenzio industriale e immaginare il rombo dei biplani, prima di rimettersi in marcia.

2. Corso XXII Marzo – Il vecchio della Senavra
Quindici minuti verso ovest e la città cambia volto. Al civico 50 di corso XXII Marzo sorge la Senavra: oggi chiesa, in passato manicomio aperto nel 1780, trasferito poi a Mombello nel 1878. La leggenda parla di un paziente che non ha mai lasciato davvero il posto: il “vecchio della Senavra”. Dopo mezzanotte, dicono, segue i passanti con passo claudicante, riconoscibile dal rumore di zoccoli caprini sulla pavimentazione. L’unico modo per farlo scomparire sarebbe lanciargli una monetina: lui si china, raccoglie il piccolo tesoro e svanisce. Soffermarsi una decina di minuti, osservare l’architettura e leggere con gli occhi la sua storia, è sufficiente per sentire addosso l’eco di una Milano che ha conosciuto la sofferenza e il disagio.

3. Corso di Porta Romana – La casa del diavolo (Palazzo Acerbi)
Ancora quindici minuti e si arriva davanti a Palazzo Acerbi, in corso di Porta Romana. Siamo nel 1630, anni della peste narrata anche da Manzoni. Mentre i nobili fuggono, Ludovico Acerbi resta in città e organizza feste, banchetti, ricevimenti: pare immune al contagio, come lo sarebbero i suoi ospiti. La voce corre: è il diavolo in persona. Ancora oggi la sesta finestra del primo piano è la più osservata: qualcuno assicura di aver visto una figura affacciarsi e sorridere. Il soprannome “casa del diavolo” è rimasto, ostinato come certe dicerie milanesi. Dieci minuti per guardare in alto e immaginare il fruscio di abiti d’epoca sono un passaggio obbligato.

4. Via Maddalena – La strega di Porta Romana
Bastano pochi minuti per scivolare tra Porta Romana e piazza Missori, fino a via Maddalena. Qui la tradizione colloca la dimora di Colomba, la strega che, secondo i racconti tramandati e fissati anche nella memoria letteraria di Dino Buzzati, prediceva il futuro a chi bussava alla sua porta. La sua era una “magia bianca”, dicono, sebbene si parlasse anche di sortilegi più oscuri; nella stamberga, un gatto e un merlo che sapevano parlare e un teschio usato per gli incantesimi. Morta nel 1960 di broncopolmonite, la leggenda vuole che il suo spirito continui a vagare: a volte appare come un’anziana mendicante che sussurra un presagio alle giovani donne e poi svanisce. Dieci minuti di ascolto silenzioso bastano per cogliere quanto certi racconti attecchiscano nei quartieri, passando di voce in voce.

5. Tra via Torino e via Cesare Correnti – La torre dei malsani
Si risale verso le Colonne di San Lorenzo. Qui, tra via Torino e via Correnti, resiste un frammento di Medioevo: la cosiddetta torre dei malsani, reliquia del lebbrosario di San Materno. Nel XIII secolo la lebbra colpiva duro: gli infetti venivano esclusi dalla città e abbandonati al loro destino. La torre, superstite, porta negli interstizi il ricordo di quei lamenti. C’è chi, nelle notti estive al calare del buio, assicura di sentire voci e invocazioni. Dieci minuti di sosta sono un piccolo rito laico per restituire uno sguardo a chi fu cancellato dalla storia.

6. Piazza Santo Stefano – San Bernardino alle Ossa
Pochi minuti e si arriva alla chiesa di San Bernardino alle Ossa, accanto all’Università degli Studi. L’ossario, allestito nel Seicento accanto a un più antico cimitero, riveste le pareti con migliaia di teschi e ossa disposti in cornici e motivi ornamentali. La leggenda narra che il giorno dei Morti lo scheletro di una bambina, sepolta a sinistra dell’altare, esca attraverso una fessura e trascini in una danza macabra gli altri resti, compresi quelli dei giustiziati sopra la porta d’ingresso. Si direbbe che un crepitio sinistro, come di ossa in movimento, sia udibile anche dall’esterno. Dieci minuti bastano per farsi avvolgere da questo memento mori che Milano conserva in pieno centro.

7. Piazza Duomo – Carlina, la sposa fantasma
Eccoci nel cuore della città. La storia di Carlina, la sposa vestita di nero che precipita tra le guglie dopo aver confessato un tradimento e il peso di una gravidanza taciuta, è tra le più note. Il corpo non fu mai ritrovato, dicono. Da allora, fotografi e passanti sostengono di scorgere una figura nera dietro i novelli sposi ritratti sul sagrato: occhi chiari, sguardo fisso, postura composta. Non un malaugurio, secondo alcuni, ma un contrappasso trasformato in benedizione: il matrimonio felice che a lei fu negato. Dieci minuti per osservare le facciate e immaginare la corsa di Carlina tra statue e nebbia sono un passaggio quasi cinematografico.

8. Pinacoteca Ambrosiana – La ciocca di Lucrezia Borgia
A dieci minuti dal Duomo, nelle sale dell’Ambrosiana, è custodita una teca con una ciocca di capelli biondi attribuita a Lucrezia Borgia, inviata come pegno d’amore al poeta Pietro Bembo. Nell’Ottocento divenne un feticcio romantico: Lord Byron si vantò di averne sottratto un filo, Flaubert e d’Annunzio ne lodarono la bellezza. La leggenda vuole che lo spirito di Lucrezia torni ad accarezzare quei capelli e a rileggere le lettere dell’amato, come a riprendersi una narrazione troppo a lungo deformata. Dieci minuti di sosta sono un invito a distinguere tra mito nero e biografia, tra demonizzazione e tenerezza.

9. Corso Monforte – Le anime vestite di rosso
Si piega verso est, lungo Corso Monforte. Nelle notti di nebbia, sosterrebbero i più anziani, si muove in processione un corteo di donne in mantelli rossi, ornate di gioielli argentei che scintillano alla luce dei lampioni. È il ricordo di un massacro remoto: nel 1028 gli eretici catturati a Monforte d’Alba furono condotti a Milano e molti vennero arsi vivi. Il nome della via custodirebbe questa memoria. Dieci minuti in ascolto del traffico notturno bastano per sovrapporre due tempi diversi: quello dell’autunno milanese e quello delle fiamme che divorano il silenzio.

10. Teatro alla Scala – La voce di Maria Malibran
Tornando verso nord, la Scala si staglia nella sua compostezza. Maria Malibran, soprano prodigioso, morì giovanissima nel 1836 dopo una caduta da cavallo. Tecnici e musicisti raccontano da generazioni di vocalizzi che risuonano in orari improbabili, di una presenza che si muove dai sotterranei ai camerini, fino alla ribalta. La leggenda è forte perché parla di un’artista che non ha voluto congedarsi dalla scena. Dieci minuti, nel rispetto del luogo, per ascoltare il rumore dei passi e delle corde, abbastanza per suggerire al cuore un breve tremito.

11. Via Santa Radegonda e Porta Nuova – Bernardina Visconti
A poca distanza, tra via Santa Radegonda e le arcate di Porta Nuova, ritorna il nome di Bernardina (o Bernarda) Visconti, figlia di Bernabò. Il suo amore clandestino con Antoniolo Zotta le costò il carcere e, dopo dieci mesi di prigionia, la morte (4 ottobre 1376). La leggenda vuole che la giovane, in abito medievale, cammini nelle notti d’inverno sussurrando il nome dell’amato. In dieci minuti si può ripercorrere a piedi questo corridoio urbano e immaginare la città nella sua veste trecentesca.

12. Castello Sforzesco – La contessa di Challant
Quindici minuti e si entra nel recinto del Castello Sforzesco. Bianca Maria Scapardone, diventata contessa di Challant, vide crollare il suo mondo nel 1526: amante di Ardizzino Valperga, orchestrò (secondo le cronache) la sua uccisione affidando l’esecuzione a Pedro de Cardona. Arrestata e torturata, confessò; fu giustiziata sul rivellino del castello il 20 ottobre. La leggenda dice che in ottobre il suo fantasma sorseggi il sangue dell’amante prima che la lama cali. Dieci minuti tra cortili e mura bastano per far combaciare il passo con il tonfo di una storia di gelosia e vendetta.

13. Parco Sempione – La dama velata
Ultima tappa, il buio sospeso di Parco Sempione. Una volta, tra via Gadio e via Paleocapa, si parlava di una “casa degli spiriti”: corridoi lussuosi, pareti di velluto nero, una dama in nero che conduceva i malcapitati in una sala da ballo per una danza conturbante. Chi osava strapparle il velo restava di fronte a un teschio sogghignante; molti non ritrovarono l’uscita, altri furono presi per pazzi quando raccontarono l’accaduto. Le guardie giurarono di non aver trovato traccia alcuna dell’edificio. Oggi, tra gli alberi e le luci, capita di sentire un fruscio che sembra un invito. Dieci minuti sono un intero romanzo, se li si spende in silenzio.

Tempi, ritmo e piccoli consigli pratici: partenza alle 18.30, soste smart e finale da club
Con quindici minuti di spostamento e dieci di sosta su tredici tappe, il percorso richiede circa cinque ore e mezza effettive. Per godersi tutto senza correre, l’orario consigliato è le 18.30: c’è luce sufficiente per le prime tappe e il buio giusto quando si entra nel centro storico. L’aperitivo “on the road” aiuta a scandire il ritmo: un trancio, un panino caldo, una focaccia; lungo l’itinerario non mancano bar dove fermarsi rapidamente per uno spuntino e una birra, senza appesantirsi. Il trucco è mantenere le soste entro i dieci minuti, riservando eventuali pause più lunghe ai punti di naturale interruzione (prima del Duomo, dopo San Bernardino o a ridosso della Scala). Se, chiusa l’ultima tappa a Parco Sempione, il gruppo è ancora in forze, la notte di Halloween è il terreno ideale per un proseguimento: serate a tema, dj set, club e discoteche animano la città fino all’alba. Dopotutto, è la notte “più terribile” dell’anno: esorcizzare la paura ballando è un epilogo perfetto.

Un’iniziativa diversa da tutto il resto: la Milano dell’occulto come guida urbana
Questa mappa non è un semplice
elenco di leggende, ma un modo nuovo di leggere la città: geografia,
storia e folklore diventano un unico filo narrativo. Ogni tappa è un
frammento che si incastra nella successiva: l’archeologia industriale di
Taliedo, l’istituzione totale della Senavra, la Milano barocca della
peste, il sottobosco esoterico di Porta Romana, la memoria dolorosa dei
lebbrosi, il culto della morte sedimentato in un ossario, la vertigine
del Duomo, il mito romantico dell’Ambrosiana, l’eresia di Monforte, la
voce che non si spegne alla Scala, l’amore tragico dei Visconti, la
giustizia esemplare degli Sforza e, infine, il parco come soglia tra
mondi. Tredici fermate, tredici racconti, un solo percorso: rapido,
coerente, immersivo.
Resta l’ultima, inevitabile domanda scaramantica: nel mondo anglosassone
il numero 13 porta sfortuna. A Milano, invece, può diventare un
talismano—una misura perfetta per un tour che non si dimentica? Se il
brivido è l’unità di misura, più che sfortuna qui ci vediamo un
itinerario ben riuscito.
Stefano Brigati - Redattore