La Prima della Scala tra applausi, proteste e politica: trionfa «Lady Macbeth»
La stagione 2025/26 si apre con sostakovic: ovazione per Segre, poche presenze istituzionali e tensioni in piazza
08 dicembre 2025
Una serata intensa dentro e fuori il teatro
La Prima della Scala 2025 ha confermato ancora una volta il suo ruolo di specchio del Paese. Alle 21.46 è calato il sipario su «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk», accolta da lunghi applausi e senza un singolo fischio. L’opera di Dmitrij Sostakovic, diretta da Riccardo Chailly nel suo dodicesimo e ultimo 7 dicembre come direttore musicale del Piermarini, ha convinto pubblico e critica grazie a una messinscena di forte impatto e a una realizzazione musicale impeccabile. A dominare la scena è stata la soprano Sara Jakubiak, una Katerina intensa, drammatica e vocalmente trascinante.
Segre protagonista morale della Prima
Tra i momenti più significativi della serata, l’ingresso nel palco centrale della senatrice a vita Liliana Segre, accolta da un applauso unanime. Lei ha risposto con ironia e affetto: «Sono io che voglio bene alla Scala». La senatrice ha ricordato la sua lunga storia con il teatro e ha commentato l’opera definendola «piuttosto scandalosa», ma sempre degna d’interesse per chi ama la lirica.
Il vuoto delle istituzioni e la frecciata di Fontana
A colpire è stata soprattutto la composizione del palco reale, segnato dall’assenza delle prime quattro cariche dello Stato: non c’erano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa né il presidente della Camera Lorenzo Fontana. Presenti invece il sindaco Beppe Sala, il governatore Attilio Fontana, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Proprio da Fontana è arrivata la frase più discussa: «Viviamo bene anche da soli», detta commentando l’assenza del governo.
Polemiche sulla scelta dell’opera
Piazza blindata tra proteste pro Palestina e lavoratori della cultura
Record di incasso e un’opera “ruvida”
Red carpet nel segno di Armani
Il tappeto rosso è stato dominato dagli abiti di Giorgio Armani, ricordato da artisti e ospiti. Barbara Berlusconi, membro del cda della Scala, ha scelto un vestito firmato Armani come omaggio allo stilista: un modo per ribadire che la Prima è anche memoria, responsabilità e coraggio artistico.
La Prima della Scala 2025 ha confermato ancora una volta il suo ruolo di specchio del Paese. Alle 21.46 è calato il sipario su «Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk», accolta da lunghi applausi e senza un singolo fischio. L’opera di Dmitrij Sostakovic, diretta da Riccardo Chailly nel suo dodicesimo e ultimo 7 dicembre come direttore musicale del Piermarini, ha convinto pubblico e critica grazie a una messinscena di forte impatto e a una realizzazione musicale impeccabile. A dominare la scena è stata la soprano Sara Jakubiak, una Katerina intensa, drammatica e vocalmente trascinante.
Segre protagonista morale della Prima
Tra i momenti più significativi della serata, l’ingresso nel palco centrale della senatrice a vita Liliana Segre, accolta da un applauso unanime. Lei ha risposto con ironia e affetto: «Sono io che voglio bene alla Scala». La senatrice ha ricordato la sua lunga storia con il teatro e ha commentato l’opera definendola «piuttosto scandalosa», ma sempre degna d’interesse per chi ama la lirica.
Il vuoto delle istituzioni e la frecciata di Fontana
A colpire è stata soprattutto la composizione del palco reale, segnato dall’assenza delle prime quattro cariche dello Stato: non c’erano il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la premier Giorgia Meloni, il presidente del Senato Ignazio La Russa né il presidente della Camera Lorenzo Fontana. Presenti invece il sindaco Beppe Sala, il governatore Attilio Fontana, il presidente della Corte Costituzionale Giovanni Amoroso, i vicepresidenti Anna Ascani e Gian Marco Centinaio e il ministro della Cultura Alessandro Giuli. Proprio da Fontana è arrivata la frase più discussa: «Viviamo bene anche da soli», detta commentando l’assenza del governo.
Polemiche sulla scelta dell’opera
Non sono mancate le letture politiche. Il sindaco Sala ha difeso la scelta: «Sostakovic è stato un grande maestro contemporaneo… Mettere la donna al centro è giusto». Più critico il presidente della commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, che ha dichiarato: «È un’opera anti-stalinista e l'amicizia tra i popoli è solida, ma la scelta stride con i valori di rispetto delle donne». Intanto +Europa ha organizzato un flash mob per ricordare la guerra in Ucraina e il valore della libertà artistica, richiamando la censura subita dall’opera ai tempi di Stalin.
Fuori dalla Scala il clima era altrettanto carico. In piazza si sono radunati centri sociali, associazioni palestinesi, sindacati e lavoratori della cultura. Le bandiere palestinesi e gli slogan «Palestina libera» si sono alternati alle critiche contro l’Ambrogino d’oro assegnato al Nucleo radiomobile dei carabinieri. Cgil, Cub e rappresentanze teatrali hanno denunciato il sottofinanziamento del settore e le ingerenze politiche. Forte il gesto dei professori d’orchestra e dei coristi della Scala che hanno intonato in piazza il «Va’ pensiero».
La serata ha registrato il record storico di incasso del 7 dicembre: circa 2,8 milioni di euro, con biglietti fino a 3.200 euro e un contributo decisivo degli sponsor. L’opera è stata presentata senza smussature: sesso, violenza, crudeltà e ossessione hanno segnato la regia, al punto che sui tablet sono comparsi avvisi sulla presenza di «scene violente», finora mai utilizzati al Piermarini. Applauditissima l’anteprima under30, che ha tributato oltre nove minuti di applausi.
Il tappeto rosso è stato dominato dagli abiti di Giorgio Armani, ricordato da artisti e ospiti. Barbara Berlusconi, membro del cda della Scala, ha scelto un vestito firmato Armani come omaggio allo stilista: un modo per ribadire che la Prima è anche memoria, responsabilità e coraggio artistico.
08 dicembre 2025
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