Il desiderio di essere come tutti
Eleonora Crosta, psicoterapeuta, parte dalle sensazioni date da "Il desiderio di essere come tutti" di Francesco Piccolo, premio Strega 2014, per percorrere i temi della sua esperienza nel misurarsi con l'autunno dell'anima, cioè la difficoltà di relazionarsi con l'altro, e con il mondo.
L'autunno è alle porte e ci invoglia a stare nel caldo delle nostre case, magari con un buon libro in mano. Potrebbe essere il romanzo di Francesco Piccolo, "Il desiderio di essere come tutti", premio strega 2014. Sono stata attirata dal titolo, poiché rappresenta un vissuto comune fra alcuni miei pazienti che incontro ogni giorno nel mio studio come psicologa psicoterapeuta. Il lavoro di psicoterapeuta mi porta nella profondità delle vite degli altri come spettatrice empatica e come guida nei momenti critici, nel tentativo di far apprendere alla persona gli strumenti necessari per diventare, o ritornare ad essere, la guida di se stessa.
"Il desiderio di essere come tutti" è una frase che trasmette malinconia, perché sembra presupporre la sensazione di essere diversi o estranei al mondo circostante. Una sensazione dolorosa riferita da alcune persone come perenne.
Nel libro l'autore descrive un momento preciso della sua vita, durante l'adolescenza, in cui diviene consapevole di essere parte del tutto e direttamente coinvolto negli avvenimenti del mondo. Dal quel giorno non rimarrà più indifferente alle notizie dei giornali e della televisione e porterà avanti la sua passione per la scrittura con una nuova consapevolezza.
La presa di coscienza di unione col mondo esterno rappresenta un'esperienza grandiosa ed euforica, ma al tempo stesso drammatica, poiché implica impegno e responsabilità. L'autore sembra dunque descrivere il giro di boa verso la maturità come quel cambiamento evolutivo che fa parte del ciclo di vita di ciascuno di noi.
La storia autobiografica del romanzo si intreccia con quella della politica italiana, dagli anni '70 ad oggi. Un intreccio tessuto abilmente grazie ad una buona penna, ad una puntuale ed approfondita informazione sulle vicende politiche e ad un alto senso civico.
È un libro fin troppo denso di concetti, forse; tuttavia, scorre liscio nei collegamenti tra un tema e l'altro, indugiando, quando è opportuno, in delucidazioni aggiuntive tramite analogie con racconti e con film degni di nota.
Tra una citazione e l'altra, continuo a intravvedere il tema psicologico dell'estraneità e lo collego alla mia esperienza clinica: sentirsi parte di un tutto e trovarsi a proprio agio nelle situazioni sociali non sono esperienze scontate. Al contrario, ascolto di frequente vissuti di tensione nei gruppi sociali e difficoltà a percepirsi all'interno della sfera più intima di una relazione: forte è il desiderio di essere come tutti, di essere adeguati e di stabilire relazioni strette, all'interno delle quali, però, ci si sente esclusi, estranei appunto.
L'aspettativa di essere giudicati negativamente, poiché convinti di essere socialmente incompetenti, è talvolta talmente intollerabile da condurre alla rinuncia della relazione e quindi all'evitamento sociale. Il ritiro sociale, utilizzato come strategia semi-adattiva, porta a un aggravarsi delle convinzioni negative del soggetto, che gradualmente si isolerà a livello sociale confermando il senso di estraneità.
È difficile entrare in relazione con queste personalità, poiché la presenza dell'altro è sentita come un'ingerenza da cui proteggersi e le relazioni sono vissute come obbligate, suscitando senso di coercizione e rabbia. Quando l'altro non è vicino, invece, cioé quando aumenta la distanza, aumenta nel soggetto il desiderio di relazione: "non con te, ma nemmeno senza di te".
Ecco allora che la relazione psicoterapeutica stessa diventa un importante strumento per il cambiamento. All'interno di questa relazione è fondamentale essere empatici nei confronti del sensazione di estraneità e dare un senso a questo vissuto ricostruendo insieme la storia di vita. Con questi presupposti è possibile addentrarsi nelle varie fasi del percorso: una conquista basilare è sviluppare la consapevolezza dei propri stati interni dando un nome alle emozioni, spesso identificate in ansia e vergogna. In seguito, il lavoro affascinante consiste nell'esplicitare e mettere in discussione le convinzioni negative che generano le emozioni di ansia e di vergogna.
La soluzione non sarà arrivare a sentirsi come tutti, ovvero non provare mai più inadeguatezza, detta anche rivalsa narcisistica, perché questo significherebbe di nuovo "evitare" ciò che si teme e quindi rincorrere uno scopo disfunzionale. Non è utile evitare. Ciò che è utile è riformulare il nostro scopo e le nostre convinzioni in termini meno assoluti: non sempre ci sentiamo come tutti e non sempre possiamo essere adeguati, ma questo, anche se non ci piace, può essere tollerabile.
Eleonora Crosta