Svetlana Alexievich, scrittrice bielorussa, vince il Nobel per la letteratura

Il Premio Nobel per la Letteratura assegnato l’8 ottobre a una giornalista

Svetlana Alexievich, una giornalista bielorussa e scrittrice di prosa, conosciuta per i suoi approfonditi studi sui soldati donna russi nella seconda Guerra mondiale e, soprattutto, per i suoi lavori sulle conseguenze del disastro di Chernobyl, è stata insignita del premio Nobel per la letteratura Giovedì 8 ottobre 2015. La motivazione dell’Accademia Svedese che ha accompagnato l’assegnazione del premio è la seguente: “per i suoi scritti polifonici, un monuento alla sofferenza e al coraggio nei nostri tempi”.

Alexievich, che oggi ha 67 anni, è la quattordicesima donna a cui viene assegnato il prestigioso riconoscimento, e una dei pochissimi a cui sia stato riconosciuto per opera non di letteratura. Il comitato del Premio Nobel ha occasionalmente insignito del premio filosofi e storici, ma è da oltre un cinquantennio che esso viene assegnato esclusivamente ad opere di letteratura.

Con questa assegnazione si è, fra l’altro, dato un maggiore riconoscimento al giornalismo, un’arte che viene spesso considerata esclusivamente un mezzo di diffusione delle informazioni, senza alcuna valenza letteraria o estetica.

Il lavoro di Svetlana Alexievich, scavando nella memoria collettiva e individuale, raccontate con poesia e sentimento, colma questo divario.

I racconti raccolti e trascritti dalla Alexievich sono racconti di fatti storici, vissuti in prima persona dai protagonisti e trasmessi oralmente, ma assumono una qualità lirica e uno stile assolutamente distintivi nelle sue opere. I reportage di Alexievich riportano soprattutto i grandi eventi così come sono stati vissuti vissuti e raccontati da uomini e donne russi, come l’occupazione dell’Afganistan e il disastro di Chernobyl, nel quale la stessa neolaureata ha perso una sorella e ha visto sua madre diventare cieca.

Se è vero che le sue storie sono un intreccio di racconti diversi dei diretti protagonisti, è anche vero che il filo conduttore è la sua personalissima voce, che trasforma questi reportage in arte letteraria.

Lo storytelling della tradizione orale russa è l’arte da cui Svetlana Alexievich ha preso spunto per costruire una propria forma letteraria e il proprio stile, opere in cui ciascuno narra l’evento dal proprio personale punto di vista, esattamente come nella narrazione orale le storie mutano al mutare del narratore.

In una nota rilasciata dal suo agente letterario dopo aver ricevuto la comunicazione dell’assegnazione, Svetlana Alexievich ha affermato in tutta semplicità di essere “molto felice” ma anche sopraffatta dalla responsabilità che si accompagna al ricevere un tale riconoscimento.

  “La maggior parte del mio cammino è stato ormai percorso, ma davanti a me resta ancora molto lavoro da fare,” ha affermato. “Ora non posso distrarmi.”

Il Premio Nobel per la Letteratura viene assegnato più per l’intera opera di uno scrittore che per un libro in particolare. Essendo la Alexievich una giornalista, questo premio si distacca ancora di più dai Nobel del passato: in anni recenti, infatti, il premio è stato attribuito a scrittori meno noti,  mentre in passato veniva attribuito a giganti internazionali, e oggi viene attribuito a una giornalista.

La Alexievich scrive sul suo sito web: “Non registro semplicemente una distaccata storia di eventi e fatti, scrivo la storia dei sentimenti umani”.

Spesso, allontanandosi dalla versione della narrativa ufficiale della storia Sovietica, la Alexievich ha corso grandi rischi ed è stata rientuta anti patriottica, una traditrice. A causa delle critiche mosse in passato al governo Bielorusso, ex Repubblica Sovietica, ha dovuto vivere per lunghi periodi all’estero: in Italia, in Germania e in Svezia, fra l’altro.

Ciononostante ha quasi sempre vissuto a Minsk, la capitale bielorussa, e ancora oggi sostiene di poter scrivere solo nella sua patria, dove può ascoltare, sentire quello di cui parla la gente, nei caffè, o a casa di qualche vicino.

Della Alexievich sono stati tradotti in italiano: Preghiera per Chernobyl’ (2002), Ragazzi di zinco (2003) e Incantati dalla morte (2005), Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo.

In questa scelta particolare fatta dal Comitato per il Nobel, alcuni analisti e giornalisti vedono un ovvio messaggio politico, e continuerebbe così una lunga tradizione di utilizzo del premio per in qualche modo influenzare l’autorità sovietica e post-sovietica. Quasi tutti i precedenti autori sovietici premiati erano in cattivi rapporti con il governo del loro Paese e vivevano in esilio o venne loro negato il visto per recarsi in Svezia a ritirare il premio. Il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, ha inviato un sobrio biglietto di congratulazioni, e d’altra parte, è stato di freuqnete l’obiettivo di molti scritti della Alexievich. La scelta di assegnare il premio alla sscrittrice ha ridato speranza a intellettuali oppositori del regime: la speranza di poter far sentire le proprie voci contrarie, attraverso la notorietà conferita a uno di loro dal Nobel, poichè, ancora oggi, molti di essi sono spesso oggetto di punizioni di vario genere nei paesi post-sovietici.

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