Il vero problema del cinema? Non è la qualità, ma l’accesso

Ogni anno si producono più film originali, eppure la percezione diffusa è quella di un'offerta povera e ripetitiva: tra colpe della distribuzione, streaming dispersivo e abitudini consolidate, ecco perché ci sembra di non avere più nulla da guardare.

La percezione comune dello stato attuale del cinema è generalmente distorta per molteplici motivi ma la colpa di questa visione negativa non ricade sul pubblico, sulle sale o, in verità, nemmeno sugli studi cinematografici. Si tende, spesso comprensibilmente, a pensare che il panorama del cinema contemporaneo sia esasperatamente limitato, che ci sia poco (o nulla) da vedere sul grande o piccolo schermo.

Tuttavia, la realtà è molto diversa da ciò che gli spettatori percepiscono: ogni anno, salvo il disgraziato periodo della pandemia, ci sono state nel mondo sempre e consistemente più produzioni originali rispetto agli anni precedenti. Nel 2024, ad esempio, sono state superiori al 2023, nel 2023 sono più del 2022, e così via. Rispetto al 2010, nel 2024, gli studi hanno prodotto globalmente circa 1500 film originali in più. Eppure, la sensazione è che non ci sia nulla di nuovo da vedere, che siano tutti sequel, prequel, spin-off o, in generale, proprietà intellettuali consumate e riproposte continuamente. 

La domanda, di conseguenza, è: cosa ci spinge a pensare che le scelte cinematografiche siano oggi molto più limitate di qualche anno fa? La risposta è sfaccettata. Molti film vengono prodotti e non vengono distribuiti nei cinema nostrani, rimangono limitati ai paesi di origine, basti pensare che il film di maggior successo, quest’anno, è il cinese NeZha 2, che ha incassato oltre due miliardi di euro e quasi nessuno, in Europa, è a conoscenza della sua esistenza poiché la distribuzione è avvenuta quasi esclusivamente in Cina. Altre pellicole vengono prodotte ma non trovano distributori, costrette a peregrinare a lungo, talvolta per sempre, nei circuiti dei festival sperando che qualcuno ne acquisisca infine i diritti di distribuzione.

Molti film vengono rilasciati direttamente in streaming, una pratica che non porta quasi mai i risultati sperati. È stato dimostrato continuamente che le pellicole che escono prima in sala ottengono un maggior numero di minuti visualizzati sui servizi di streaming rispetto a quelle che vengono immediatamente abbandonate senza alcuna promozione su Netflix, Amazon Prime Video, Disney+ e altri ancora. La scelta dipende da vari fattori, spesso economici: non si vuole spendere per il marketing, si vogliono creare contenuti riempitivi mirando alla quantità piuttosto che alla qualità, come comandato anni fa da Bob Chapek di Disney. Questo porta, inevitabilmente, a una grande inflazione di prodotti disponibili su streaming di cui quasi nessuno ha mai sentito parlare, produzioni che si accumulano e confondono le une con le altre e che creano un catalogo labirintico da cui l’utente medio vuole solo fuggire, rifugiandosi comprensibilmente in franchise o canali che già conosce. Non solo: i film rilasciati in streaming non generano alcun vero guadagno nonostante l’esile speranza che le produzioni più costose portino nuovi clienti. 

Purtroppo, tutto ciò non fa altro che esacerbare la percezione di una gran matassa di pellicole senza arte né parte riducendo le vere proposte originali e/o indipendenti a titoli timidamente nascosti tra i grandi nomi dei franchise più popolari.
Non va dimenticato, infine, che le grandi produzioni, dal MCU ai tanti Jurassic Park/World o Star Wars (per fare alcuni esempi) non sono affatto dannose per il mercato e, anzi, è proprio grazie ai profitti che generano nei cinema che gli studi possono produrre film più sperimentali, audaci e, in generale, originali.
Cosa fare, dunque? Il mondo del cinema si estende come un oceano in cui si può naufragare; tuttavia, la curiosità intellettuale è ciò che ci permette di rendere lo smarrimento un’esplorazione continua. Dare una chance ai prodotti che più ci intrigano, per quanto ignoti, potrebbe rivelarsi la soluzione meno comoda ma, alla fine, più appagante e benefica per tutti. Tutto sommato, cosa abbiamo da perdere?

Jonathan Salea

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