Volley: lo sport giovane e rivoluzionario
Anagraficamente, la pallavolo è sport codificato di recente, basta pensare al caso italiano, in cui solo nel 1955 fu ammessa al Coni. Da sempre però il “volley” si porta dietro un dna rivoluzionario, quello di essere sport di squadra ma non ammettere il contatto, con quel che ne consegue.
Il padre della pallavolo moderna, cioè colui che ha creato un minimo di
regole ad un gioco che da sempre si praticava con la palla, è ormai
riconosciuto sia il professore William G. Morgan nel 1895, in un college del
Massachusetts. Origini statunitensi, quindi, per una filosofia sportiva rivoluzionaria,
quella di mettere due squadre una contro l’altra ma non prevedere il contatto
fra di esse. La differenza quindi sta nell’abilità e la strategia, non
la semplice forza. Uno sport anomalo, che a fine 800 partì con reti da due metri e
passaggi senza limiti. Vario era il numero di giocatori. Lo sport mutò da
paese e paese, perchè era difficile rendere comune nell’epoca del militarismo uno
sport che non prevedeva come base la forza ma l’intelligenza. A cavallo
della grande guerra vengono due regole fondamentali. Per evitare una
staticità da paracarri, con quelli alti fissi davanti, nel 1912 viene imposta la
rotazione, mentre nel 1922 viene sancito il limite dei 3 tocchi. Nel 1938 viene
creato il muro, la difesa attiva. E’ nel secondo dopoguerra che la pallavolo
trova la sua rivalutazione culturale, con la nascita nel 1947 della federazione
internazionale. All’improvviso ci si accorge della spettacolarità di uno
sport miscuglio fra forza, leggerezza, tattica e necessità di fare gruppo. Il galoppante cambio delle regole dell’ultimi
trentennio è noto a tutti, segno di una disciplina in continua evoluzione e per
questo in grado ancora di crescere sotto il punto di vista della
spettacolarizzazione. Le statistiche mondiali mostrano che la pallavolo
sessant’anni dopo la sua nascita “politica” è vicino (anzi probabilmente già lo
è) a essere il primo sport per praticanti al mondo. Diverso il suo appeal
televisivo, ma questo si sa non è dato dalla spettacolo effettivo ma dagli
interessi economici dietro la sua commercializzazione. Resta il fatto che
proprio l'agilità data dalla sua giovinezza può far trovare al volley le
risorse per espandersi televisivamente e quindi, renderlo nel presente millennio uno
sport su cui investire. La base politica dovrebbe creare le
condizioni perché questo avvenga. Ma questo non è la storia, bensì il compito
del presente.