“Potrebbe anche non esserci più un mondo”: il lato inaspettato di H.P. Lovecraft

In Potrebbe anche non esserci più un mondo, Lovecraft si rivela in una lunga lettera privata, lontano dai suoi celebri racconti dell'orrore. Tra osservazioni culturali, ironia e nostalgia, emerge il ritratto intimo di un intellettuale critico verso la modernità.

Con Potrebbe anche non esserci più un mondo, il lettore incontra un H.P. Lovecraft del tutto inaspettato, quasi irriconoscibile rispetto al cupo architetto di orrori cosmici noto per Il richiamo di Cthulhu e simili. Qui non ci sono abissi stellari né creature inenarrabili, ma la voce privata dell’uomo, colta nella sua dimensione più intima e quotidiana. La lettera (reale) scritta nel 1929 all’amico Harris, lunga 70 pagine, viene pubblicata come un monologo lucido, ironico, ricco di cultura e sorprendentemente umano. Lontano dalle ombre e dal gotico, Lovecraft si presenta con una scrittura chiara, ironica, riflessiva, mostrandosi per quello che era forse nel profondo: un classicista nostalgico e un osservatore critico del suo tempo.

Una voce che si apre come un diario
La narrazione prende forma in modo semplice ma denso fin dalle prime righe. Lovecraft scrive da Providence, scherza sul peso della lettera e racconta la sua vita tra revisioni editoriali, passeggiate, amici e riflessioni. Il destinatario, Harris, scompare quasi subito dalla scena, lasciando spazio a un flusso continuo di pensieri: dalla bellezza di Chicago alla fatica dei lavori idraulici, dalla corrispondenza accumulata alla frustrazione per non aver trovato un numero del Saturday Evening Post. È come se il lettore entrasse in una confidenza privata, in un lungo pomeriggio d’autunno passato ad ascoltare un uomo colto che ha molto da dire sul mondo che cambia.

Identità culturale e decadenza del presente
Lovecraft si scaglia con eleganza e rigore contro quella che percepisce come la barbarie moderna: il dominio della quantità, della velocità e della mediocrità borghese sull’eredità culturale classica. Per lui, la vera civiltà americana – quella del New England e della Virginia – è ormai agonizzante, schiacciata dall’avanzata delle masse senza gusto né tradizioni. Denuncia un mondo in cui il meccanicismo, pur utile quando sottoposto al controllo umano, si trasforma in un’ideologia che distrugge le radici stesse della cultura. Parla da ultimo testimone di una civiltà in disfacimento, con lo sguardo dolente ma mai isterico di un intellettuale lucido fino alla fine.

Estetica, disincanto e memoria storica
In queste pagine emerge un pensatore raffinato, innamorato della bellezza classica, dell’ordine architettonico, dell’equilibrio formale. L’orrore che permea i suoi racconti qui si manifesta come disprezzo per la bruttezza diffusa: architettonica, sociale, intellettuale. La sua voce è quella di chi sente franare il mondo che amava e lo osserva con uno stoicismo colto, quasi aristocratico. L’Europa – e in particolare la Francia – rappresenta per lui ancora un faro di sensibilità, mentre l’America moderna appare come un luogo che ha tradito le sue promesse. Il tono non è mai apocalittico, ma malinconico e assorto: Lovecraft parla più da storico del declino che da profeta del terrore.

Federica Chimenti

Scheda libro
Titolo: Potrebbe anche non esserci più un mondo
Autore: Howard P. Lovecraft
A cura di: Ottavio Fatica
Casa editrice: Adelphi
Data di pubblicazione: 8 luglio 2025
Lingua: Italiano
Formato: Copertina flessibile
Pagine: 161


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