Le Culture Orientali in mostra a Milano

Il Festival dell’Oriente a Milano si avvia alla conclusione dopo una nuova edizione di successo, e dopo essere stato in altre città italiane: Bologna, Padova, Torino.

Una grande kermesse che ha riunito sotto lo stesso tetto un grande bazar con merci di provenienza di moltissimi paesi dell’oriente vicino e lontano, e un insieme di eventi dedicati alla cultura orientale in senso lato: spettacoli folkloristici, tradizioni culturali, spiritualità, musica, danza, mostre fotografiche e di vestiti tradizionali, infine un’ampia area dedicata alle arti marziali, sia ad esibizioni, sia a prove dirette sui tatami.

Infatti, oltre a numerose bancarelle che offrivano prodotti che andavano dai tessuti alle borse, dai gioielli alle calzature, dagli strumenti musicali agli elementi di arredo, sono stati messi a disposizione degli artisti, dei performer, dei praticanti delle arti marziali e dei rappresentanti di varie forme di cultura, quattro palchi. Sui quali si sono esibiti cantanti liriche giapponesi, danzatori indiani Kuchipudi, maestre di Ikebana, maestri di Katana, di Shoringi Kempo, Karate, cantanti e musicisti mongoli, danzatrici del ventre, performer cinesi e vietnamiti: un modo per poter conoscere più da vicini i molteplici aspetti di culture tanto diverse da quella occidentale e tanto diverse anche fra di loro.

Un palco esterno ha permesso di visitare, immersi nel verde, discipline olistiche come lo yoga, la meditazione guidata tramite voce e strumenti (per esempio didgeridoo e tamgong), discipline bionaturali.

Nel padiglione riservato a Tibet e Nepal, un monaco buddhista ha eseguito un magnifico mandala tibetano; nell’area riservata alla mongolia una yurta arredata ha dato l’idea di come si vive in certe aree montuose. Inoltre, vi era lo possibilità di potersi immaginare la vita in aree desertiche del Medio Ooriente, con la ricostruzione di abitazioni tipiche.

Non mancava l’area riservata al benessere, alle tecniche di massaggio olistiche e alla salute: un padiglione in cui era possibile avvicinarsi a scuole di massaggio, acquistare libri, assaporare succhi di frutta ottenuti attraverso slow juicing e altre bevande e cibi salutari. E, a proposito di assaggiare, la proposta culinaria spaziava dall’egiziano al tailandese, dal giapponese al cinese.

Fra tutte queste variegate proposte, colpisce l’offerta di esibizioni, ma anche di prove, di arti marziali, sia per lo spazio dedicato loro su unno dei palchi centrali, sia per l’ampiezza dei tatami a disposizione del pubblico che avesse voluto provare ad esercitare sotto la guida di un sensei, ovvero un maestro.

Fra queste arti marziali ci siamo fatti raccontare un po’ della storia dello Shoringi Kempo, un’arte marziale certamente meno nota di altre. Si tratta forse della più recente fra le arti marziali: fu codificata, infatti, solo nel 1947 in Giappone da Doshin So, e si traduce letteralmente in “via per sviluppare gli individui”. La base dell’insegnamento è che si può vivere insieme felicemente, aiutandosi reciprocamente e rafforzando in se stessi la fiducia nel prossimo, ma anche in se stessi, ed è per questo che si propone sia come tecnica di autodifesa, sia come sistema educativo integrale. Ed è nato dalle esperienza fatte in Cina durante la guerra e nel dopoguerra dal suo fondatore, colpito dalla crudeltà dei comportamenti messi in atto in quelle circostanze dagli esseri umani e convintosi della necessità di formare individui che avessero carità, coraggio e senso di giustizia, come unica via per ottenere la pace.
Fra le possibilità offerte in termini di musica, particolari e di grande impatto sia i tamgong vibrazionali, sia i Sebadrum, strumenti a percussione simili all’Hang drum, ma costruiti in Italia, in Toscana, per fini di musicoterapia. Suoni interessantissimi, emozionali, che vanno a toccare corde profonde e che possono essere usati a scopo ludico ma anche terapeutico.

Tanto da essere stati oggetto anche di una tesi di laurea in infermieristica per la musicoterapia nei pazienti chemioterapici.  Si tratta di tamburi armonici realizzati in diversi metalli, leghe ferrose o acciaio, resi armonici attraverso un processo sofisticato di tempratura realizzata a mano. La loro accordatura, con relativa scala, viene studiata in base alle armoniche espresse dallo strumento al momento della forgiatura. Strumenti che possono avere azione stimolante o rilassante e facili da usare: prevedono o l’uso dei battenti o delle sole mani. Il suono del Sebadrum è un suono ancestrale, quasi ipnotico, che favorisce la regressione e infonde serenità e pace interiore. Ricordano, per la loro caratteristica di sonorità ancestrali, il didgeridoo, che tuttavia ha suoni molto differenti.

Con oggi il Festival dell’Oriente chiude i suoi due lunghi weekend milanesi, ma rimane un appuntamento interessante e da rivedere quando verrà riproposto.

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