Centenario della nascita di Alberto Burri a Città di Castello
In occasione del Centenario della nascita di Alberto Burri la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri, creata dal Maestro nel 1978, ha predisposto una serie di iniziative per celebrare l’evento. A partire dal 1 ottobre data ufficiale di inizio celebrazioni, si terranno in varie città, in Italia e all'estero mostre, convegni, giornate di studio e approfondimento sull'opera dell'artista.
Alberto Burri (Città di Castello 1915 – Nizza 1995) è uno dei protagonisti indiscussi del rinnovamento in senso informale dell'arte occidentale nella seconda metà del secolo scorso.
Per un lungo periodo, all'interno della sua parabola artistica, l'artista utilizzò il cellotex, un materiale industriale composto da pasta di cellulosa, segatura e colla. Fu infatti dall'inizio degli anni Settanta che Alberto Burri abbandonava l'uso di materie quali sacchi di juta, plastiche e ferro, su cui interveniva con strappi, tagli o combustioni dando alla superficie un effetto molto drammatico, per passare al cellotex, già precedentemente utilizzato come supporto nelle opere definite “cretti”.
Inizialmente lasciava tale materiale del suo legnoso colore naturale oppure lo dipingeva di nero, con una mistura di vinavil e pigmento, affidando quindi le campiture spaziali della composizione alle variazioni tattili della materia, in parte lasciata liscia, quando non lucida per effetto del vinavil, in parte resa invece ruvida dall'eliminazione dello strato più superficiale del cellotex.
Dagli anni ottanta cominciò a intervenire anche con variazioni cromatiche. E' evidente come l'introduzione del cellotex imprima alla produzione di Burri caratteristiche molto diverse rispetto alle fasi anteriori, definita da opere dalla superficie più regolare che, per nitore compositivo di grande equilibrio, monumentalità, solo in parte generata dalle grandi dimensioni, e per controllo della forza espressiva, di una dinamicità quasi trattenuta, di fatto rimanda ai canoni estetici della classicità del mondo antico e del rinascimento italiano, più volte richiamati da alcuni storici dell'arte (Cesare Brandi, Maurizio Calvesi).
Per un lungo periodo, all'interno della sua parabola artistica, l'artista utilizzò il cellotex, un materiale industriale composto da pasta di cellulosa, segatura e colla. Fu infatti dall'inizio degli anni Settanta che Alberto Burri abbandonava l'uso di materie quali sacchi di juta, plastiche e ferro, su cui interveniva con strappi, tagli o combustioni dando alla superficie un effetto molto drammatico, per passare al cellotex, già precedentemente utilizzato come supporto nelle opere definite “cretti”.
Inizialmente lasciava tale materiale del suo legnoso colore naturale oppure lo dipingeva di nero, con una mistura di vinavil e pigmento, affidando quindi le campiture spaziali della composizione alle variazioni tattili della materia, in parte lasciata liscia, quando non lucida per effetto del vinavil, in parte resa invece ruvida dall'eliminazione dello strato più superficiale del cellotex.
Dagli anni ottanta cominciò a intervenire anche con variazioni cromatiche. E' evidente come l'introduzione del cellotex imprima alla produzione di Burri caratteristiche molto diverse rispetto alle fasi anteriori, definita da opere dalla superficie più regolare che, per nitore compositivo di grande equilibrio, monumentalità, solo in parte generata dalle grandi dimensioni, e per controllo della forza espressiva, di una dinamicità quasi trattenuta, di fatto rimanda ai canoni estetici della classicità del mondo antico e del rinascimento italiano, più volte richiamati da alcuni storici dell'arte (Cesare Brandi, Maurizio Calvesi).