Palazzo Argentina
Tra le opere più rilevanti dell'immediato dopoguerra a Milano, discusso e pieno in seguito di controversie, anche giudiziarie, il progetto iniziale di Bottoni firmato con l’architetto Piero Pucci ha tutto il carattere di un’opera dimostrativa e di ribellione, in opposizione a quanto previsto dal piano regolatore vigente.
Con un fatturato giornaliero tra i più alti del mondo, percorsa da una media quotidiana di centomila persone e con i suoi oltre trecentocinquanta negozi, corso Buenos Aires, a Milano, viene considerata oggi una delle strade commerciali più lunghe e popolari d’Europa, paragonata per lunghezza, scintillio di luci e molteplicità dell’offerta alla Fifth Avenue di New York.
Sotto le feste natalizie poi… sul corso si riversano migliaia e migliaia di persone che, camminando frettolosamente come formichine impazzite, con pacchi e pacchettini al seguito, tentano di farsi largo nel marasma di queste anime disperate all’affannosa ricerca dell’ultimo acquisto.
Il Corso non conosce sosta, ne tantomeno silenzio, a qualsiasi ora del
giorno o della notte è vivo, il suo respiro lo
avverti, lo senti nella dinamicità del suo
continuo movimento, nell’ascolto di mille lingue diverse: lo si ama o lo
si odia. Io lo amo, ci sono nata, al numero trentasei, in quel palazzo
costruito nel ’46 dall’architetto Piero Bottoni, all’avanguardia e impensabile
per l’epoca: palazzo Argentina.
Tra le opere più rilevanti dell'immediato dopoguerra a Milano, discusso e pieno in seguito di controversie, anche giudiziarie, il progetto iniziale di Bottoni firmato con l’architetto Piero Pucci ha tutto il carattere di un’opera dimostrativa e di ribellione, in opposizione a quanto previsto dal piano regolatore vigente.
Erano previsti un corpo a quattro piani lungo via Redi, un corpo a tre piani affacciato sul corso destinato a negozi e un fabbricato di 14 piani ortogonale al corso, destinato a negozi, uffici e abitazioni. Al lastrico una galleria a crociera avrebbe favorito la viabilità pedonale all'interno.
Come dichiarò lo stesso Bottoni: “l'edificio è progettato non solo in funzione della sua specifica destinazione d'uso ma anche in relazione agli aspetti urbani dell'area”.
Di conseguenza la porzione del corpo abitativo, elevato sui fabbricati bassi, interrompe la monotonia dell'allineamento della linea di gronda a 27 metri, ma già nel 1947 le pressioni della proprietà per aumentare la cubatura trovano un primo effetto con l'affiancamento a Bottoni dell’architetto Guglielmo Ulrich. A questa fase risalgono l'eliminazione del braccio di galleria parallelo al corso, l'aggiunta di un piano attico arretrato, la copertura a falde e consistenti modifiche dei prospetti.
Nella seconda metà del 1948 la proprietà presenta in più fasi varianti in corso d’opera, aggiungendo il 13° piano e modificando il corpo basso con la realizzazione di una sala cinematografica, curata dall'architetto Mario Cavallè.
La maggiore altezza e cubatura sono dal Comune dapprima respinte, poi licenziate, quindi nuovamente contestate per irregolarità; il Comune intimava la completa demolizione delle parti eccedenti altezza e volume.Nella seconda metà del 1948 la proprietà presenta in più fasi varianti in corso d’opera, aggiungendo il 13° piano e modificando il corpo basso con la realizzazione di una sala cinematografica, curata dall'architetto Mario Cavallè.
La maggiore altezza e cubatura sono dal Comune dapprima respinte, poi licenziate, quindi nuovamente contestate per irregolarità; il Comune intimava la completa demolizione delle parti eccedenti altezza e volume.
Portato a termine l'edificio nel 1949, la proprietà produsse un continuato ricorso di istanze, sempre respinte, con modifiche e aggiustamenti dell'ultimo piano e della copertura, giungendo alla metà del 1952 con la visita di abitabilità che certificava l'irregolare altezza del fabbricato.
Frattanto, l'ingegnere Sante Comolli, titolare dell'impresa che aveva costruito l'edificio veniva rinviato a giudizio per violazione della legge urbanistica, assolto nel 1951 perché il fatto non costituiva reato avendo a suo tempo il Comune autorizzato un sopralzo parziale.
Oggi, a distanza di quasi settant’anni dalla sua costruzione, palazzo Argentina rappresenta un edificio “attuale” che si distingue per l'immagine innovativa in un contesto privo di specificità architettonica, rinnovando i concetti espressi nella ricerca di Bottoni sul rapporto tra spazio urbano e architettura antecedente la seconda guerra mondiale.
Oggi, la farmacia, il fruttivendolo e lo storico negozio di scarpe Barberi sotto “casa” non esistono più, altri negozi si sono appropriati di una invidiabile vetrina, ma come dire…il corso è così, caotico, appariscente, anima commerciale di Milano dove il suo continuo divenire si rinnova ad ogni respiro…