Il 24 febbraio 1525, l’esercito francese di Francesco I viene pesantemente sconfitto dall’armata imperiale di Carlo V nei pressi di Pavia
L’evento, magistralmente rappresentato da William Dermoyen nei suoi arazzi del 1528-1531, ora custoditi al Museo di Capodimonte, rappresenta non solo una svolta politica decisiva nel conflitto per il predominio sulla penisola italiana, ma anche e soprattutto il passaggio tra due epoche, tra due mondi, uno antico e uno moderno.

Con l’avvento della polvere da sparo in Europa (XV secolo) la guerra cambiò in maniera sostanziale, e la battaglia di Pavia rappresenta uno degli esempi migliori per descrivere questa fase di trasformazione. Il 24 febbraio Francesco I respinse la prima avanzata dei lanzichenecchi imperiali grazie al fuoco dei suoi 50 cannoni. Tuttavia non approfittò della situazione di vantaggio e compì il gravissimo errore di continuare la battaglia secondo uno schema di guerra non più moderno, bensì ancora medievale. Si mise alla testa della cavalleria pesante francese e si scagliò in una carica epica contro il resto della fanteria imperiale. Non solo impedì ai propri cannoni di smembrare preventivamente le formazioni nemiche, ma finì in una trappola mortale in cui 1500 archibugieri spagnoli coperti dalla boscaglia sputarono tutto il loro fuoco sui cavalieri francesi inermi che non avevano la possibilità di travolgere gli avversari. Bloccata la carica, i temibili tercios spagnoli completarono l’opera catturando Francesco I e togliendo la vita al fior fior della nobiltà di spada francese.
L’archibugio, il cannone, le bombarde: la guerra era ufficialmente cambiata, mutando di conseguenza anche gli uomini, soprattutto quelli restii all’adeguamento tattico, come Francesco I, il quale pur di mostrarsi guerriero glorioso e ricco d’onore per essersi lanciato in una maestosa carica di cavalleria, mette a repentaglio le sorti della Francia e degli Stati italiani.
Molti intellettuali del XVI secolo ripudiarono nei loro trattati militari la viltà della polvere nera, a favore di una più nobile tradizione bellica basata principalmente sull’arma bianca.
Tuttavia le armi da fuoco furono la condizione necessaria sufficiente per far scattare un processo evolutivo che ancora oggi non si è concluso. Le pallottole hanno richiesto armature carenate e la riduzione dell’impiego della cavalleria; le nuove formazioni di fanteria armate di archibugio hanno visto a loro volta la loro debolezza nelle artiglierie, le quali hanno reso necessaria l’introduzione di un’industria militare sempre più moderna; per evitare di rimanere troppo tempo sotto tiro si è rinunciato alle armature, e così via.
Questa condizione evolutiva fu il principio di due secoli di guerre che videro il rapido evolversi delle tecnologie, portando alla creazione di unità tattiche più manovrabili, archibugi più potenti e precisi, le prime pistole. La guerra si riconfermò dunque ancella del progresso, catalizzatrice delle evoluzioni tecnologiche e politiche più importanti della storia dell’uomo, come quando l’ arco e la freccia determinarono nei tempi più antichi la seconda grande invenzione dopo la ruota.