Prospettiva Seveso
Il 10 luglio è una data che forse al mondo capirebbero in pochi. Ma se provate a collegarla a Seveso o a diossina, riuscirebbero a comprendervi anche in Giappone. Primo grande incidente industriale, il disastro dell'Icmesa del 1976 ha cambiato la nostra storia
Se nei prossimi giorni avrete l'occasione di andare in vacanza e di fare
conoscenza con altre persone, quando direte che siete di Seveso, per
collocare la città geograficamente e far capire dove abitate, dovrete
iniziare a dire che è vicino a Desio e a Seregno. Forse non basta.
Direte Monza. Insomma, a nord di Milano, esattamente a metà della strada
che porta a Como. Una scena normale per un giovane di oggi, non per
quelli o addirittura per intere famiglie, di quarant'anni fa. La parola
Seveso era bandita. Era più conveniente dire: "Ho la peste bubbonica",
perché già pronunciando il nome della città non vi avrebbero nemmeno
accettato la prenotazione in albergo.
Già, la diossina. Esattamente il 10 luglio di quarant'anni fa. La frase migliore è quella del professor Paolo Mocarelli, il responsabile del laboratorio analisi dell'ospedale di Desio: "Eravamo scientificamente ignoranti. La diossina era misurabile al suolo, non nel sangue dell'uomo. Nessun laboratorio al mondo era in grado di farlo. E poi gli effetti: sapevamo le conseguenze sui ratti, sul loro fegato. Quelle sull'uomo non le conoscevamo".
A quarant'anni di distanza conosciamo molto di più. Lo dobbiamo anche a quell'uomo, capace di avere quell'intuizione geniale di congelare migliaia di provette di sangue, per poterle analizzare quando le conoscenze scientifiche e la tecnologia lo avrebbero consentito.
Conseguenze ne abbiamo avute. Di ogni tipo. Sanitario, sociale, lavorativo. Ma sempre dal professor Mocarelli, ora luminare a livello mondiale in materia, è arrivata un altro insegnamento: "I cittadini hanno sofferto, ma hanno dimostrato di essere una vera comunità. A distanza di quarant'anni ancora accettano di essere richiamati per controlli e analisi. Seveso, grazie ai suoi abitanti, ha salvato il mondo. E' uno spartiacque. Il mondo prima della diossina era una cosa, dopo l'incidente dell'Icmesa è radicalmente cambiato delineando nuovi rapporti tra lo sviluppo industriale e il rispetto dell'uomo e dell'ambiente. Conseguenze ci sono state, ma non siamo di fronte a quello scenario apocalittico che era stato ipotizzato allora".
In vacanza farete fatica a spiegare dov'è Seveso. Se andate all'estero e pronuncerete il nome della nostra città, molto probabilmente il vostro interlocutore annuirà e alzerà gli occhi. Perfino in Giappone. E' vero, l'incidente diossina ora è forse più conosciuto a livello mondiale, qui in Italia è stato quasi esorcizzato.
Ma la comunità è stata protagonista e ora, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, pur leccandosi le ferite, può continuare a essere un punto di riferimento. Non per la tragedia, ma per il riscatto. Seveso, superata l'emergenza, non deve esaurire il suo ruolo di stimolo e di realtà all'avanguardia per il rispetto ambientale.
Gualfrido Galimberti
Già, la diossina. Esattamente il 10 luglio di quarant'anni fa. La frase migliore è quella del professor Paolo Mocarelli, il responsabile del laboratorio analisi dell'ospedale di Desio: "Eravamo scientificamente ignoranti. La diossina era misurabile al suolo, non nel sangue dell'uomo. Nessun laboratorio al mondo era in grado di farlo. E poi gli effetti: sapevamo le conseguenze sui ratti, sul loro fegato. Quelle sull'uomo non le conoscevamo".
A quarant'anni di distanza conosciamo molto di più. Lo dobbiamo anche a quell'uomo, capace di avere quell'intuizione geniale di congelare migliaia di provette di sangue, per poterle analizzare quando le conoscenze scientifiche e la tecnologia lo avrebbero consentito.
Conseguenze ne abbiamo avute. Di ogni tipo. Sanitario, sociale, lavorativo. Ma sempre dal professor Mocarelli, ora luminare a livello mondiale in materia, è arrivata un altro insegnamento: "I cittadini hanno sofferto, ma hanno dimostrato di essere una vera comunità. A distanza di quarant'anni ancora accettano di essere richiamati per controlli e analisi. Seveso, grazie ai suoi abitanti, ha salvato il mondo. E' uno spartiacque. Il mondo prima della diossina era una cosa, dopo l'incidente dell'Icmesa è radicalmente cambiato delineando nuovi rapporti tra lo sviluppo industriale e il rispetto dell'uomo e dell'ambiente. Conseguenze ci sono state, ma non siamo di fronte a quello scenario apocalittico che era stato ipotizzato allora".
In vacanza farete fatica a spiegare dov'è Seveso. Se andate all'estero e pronuncerete il nome della nostra città, molto probabilmente il vostro interlocutore annuirà e alzerà gli occhi. Perfino in Giappone. E' vero, l'incidente diossina ora è forse più conosciuto a livello mondiale, qui in Italia è stato quasi esorcizzato.
Ma la comunità è stata protagonista e ora, dopo aver tirato un sospiro di sollievo, pur leccandosi le ferite, può continuare a essere un punto di riferimento. Non per la tragedia, ma per il riscatto. Seveso, superata l'emergenza, non deve esaurire il suo ruolo di stimolo e di realtà all'avanguardia per il rispetto ambientale.
Gualfrido Galimberti