Elio Fiorucci: il primo!
E’ scomparso a ottant’anni, oltre un anno fa, Elio Fiorucci. Se ne è andato un anticipatore della moda, capace di intuire, e buttare in campo per primo, ogni mutamento. Il primo a intuire la caduta del concetto borghese di stile, il primo a raggiungere New York con un negozio pop, il primo a subire la deriva dei mercati multinazionali, il primo a distaccarsi romanticamente, vendendo ai giapponesi, fra i primi animalisti italiani e il primo a intuire che, probabilmente, la moda oggi è morta.
“Questo è un mondo in cui, attraverso un computer, puoi comprare di tutto. Ognuno può vestirsi come vuole, costruire il suo concetto di bellezza. Oggi la moda è democratica, non ha più bisogno di guide, tutto ciò che viene imposto è solo mercato. Un mercato assurdo, basta dire che ancora ti impone di comprare pelliicce, cioè sopprimere un'altra specie vivente”. Recentemente, Elio Fiorucci diceva così, il modo semplice dei grandi intellettuali, di descrivere scenari autentici che in pochi, però, vedono, o vogliono vedere.
”Questa è un’epoca di grande eleganza, proprio perché ognuno è libero di cercare la sua immagine, non c’è più bisogno della ricchezza per costruire un look alla moda, basta la fantasia.”
Le sue erano verità scomode, di un uomo che era andato contro mercato e che dagli anni novanta aveva scelto di vendere tutto ai giapponesi, ritirandosi. Era rimasto come guida, o come grillo parlante, a volte scomodo, anche se sempre garbato, e lucidamente intellettuale.
La storia della moda parlava per lui. Era stato colui che con il suo negozio milanese aveva scardinato la moda borghese delle sfilate noiose e per pochi. Il logo era centrale, l’immagine doveva venire da ciò che i giovani già indossavano, lo stilista doveva dare il tocco in più, l’aggiunta.
Dopo Milano era venuta New York, e le principali capitali mondiali.
“Difficile essere una brava persona.” Però Fiorucci
era quello, una brava persona, ingenua, candida, che nel mercato della milano
da bere, degli Yuppies newyorkesi, delle multinazionali d’assalto si era
sentito spiazzato, deviato. Negli anni novanta aveva venduto tutto, ogni cosa
della sua storia precedente, anche i modelli, ai giapponesi.
“Ora mi sono ritirato a guardare il mondo…”
Un mondo che non gli piaceva. “Non c’è progresso. Basta
pensare che c’è ancora chi indossa pellicce. O mangia carne. In tutta la storia umana non si è ancora capito che non
può esserci una felicità che venga dalla sofferenza di altre specie. Non
facciamo i padroni del pianeta, gli dei, quelli che dominano il bene e il male,
siamo solo una razza in decadenza, e il segnale che avremo invertito la rotta
verrà solo quando avremo imparato a non maltrattare gli animali…”
Questo
era il Fiorucci ultimo, quello che abbiamo perso quattordici mesi fa.
“Sono stanco, alla mia età
sento solo il bisogno di riposare…” aveva detto di recente.
Ci manca, Elio Fiorucci, grande stilista, grande italiano, grande milanese. Peccato se ne sia andato, lasciando il mondo senza la sua voce, così dolce ma anche coraggiosamente diversa…