Non si batte il classico

Di classici ne esiste uno e uno solo: quello che ha il primato in musica e che trae origine dai secoli finali dell’età moderna. È lo stile classico, che corrisponde a quella corrente musicale identificata dai tre grandi autori vissuti tra la seconda metà del Settecento e l’inizio dell’Ottocento: Haydn, Mozart, e Beethoven.

Infatti il classicismo, che inizierà a esser chiamato così dai primi romantici degli anni ’30 del XIX secolo, è catalogabile cronologicamente proprio tra il 1750 e il 1827, date che rappresentano rispettivamente l’inizio delle composizioni strumentali di Haydn e la morte di Beethoven.


Questa fenomenologia musicale segna l’affermazione massiccia della musica strumentale, che inizia a diventare l’espressione artistica più elevata.


Chiamato anche classicismo viennese, visto il luogo di azione principale comune ai tre autori, questo stile è una sintesi di tutte le esperienze compositive del Settecento, fattore molto pronunciato soprattutto in Mozart. Il classicismo si basa su un ideale di equilibrio, di coesione, che fa riferimento ad una dimensione linguistica. Uno dei presupposti dello stile classico è quello di costruire la musica in una sorta di discorso articolato, in periodi di senso compiuto, esattamente come noi facciamo in un dialogo. Questi periodi si compongono con frasi ben definibili, che a loro volta si compongono di semi-frasi, fino a raggiungere unità sempre più piccole. Un modo tipico settecentesco di costruire la musica è l’utilizzo di periodi di otto battute, articolati in frasi di quattro battute, divisibili in semi-frasi di due battute ciascuna; queste ultime sono singolarmente scomponibili in incisi di una battuta ciascuno. Come le lettere dell’alfabeto, le note creano i motivi musicali, le parole, mentre le frasi musicali costituiscono la spina dorsale del dialogo.


Parallelamente, nel corso del Settecento, inizia ad affermarsi anche il principio di autonomia dell’opera d’arte; le composizioni non sono più giudicate da un punto di vista funzionale, bensì come vere produzioni artistiche. Lo stesso giudizio estetico sulla musica comincia a essere basato su categorie. Si impone l’idea di una musica libera, da contemplare tanto quanto una qualsiasi altra espressione artistica. Essa è assoluta e sciolta da qualsiasi vincolo, sia di natura funzionale, sia rappresentato dal nesso di un testo verbale da intonare. L’armonia di un pezzo e il suo tema sono gli elementi costitutivi di una forma musicale differenziata e articolata internamente, ma allo stesso tempo coerente nelle sue parti.


Ecco che il classicismo ha modo di completarsi ulteriormente e di esprimersi nella sua forma migliore: la sonata, genere strumentale compositivo di origine seicentesca, ora codificato in una trama di regole che lo rendono, nel Settecento, tipicamente adatto a uno o due strumenti.


L’esempio più emblematico di questa forma è la sonata Eine kleine Nachtmusik (Piccola serenata notturna) che Mozart scrive enigmaticamente nel 1787, periodo di composizione del Don Giovanni. Apparteneva al genere della serenata, musica d’intrattenimento dell’epoca, da suonare alle feste e all’aperto, e Mozart stesso si impegna molto in questo ambito, in particolare per la tradizione delle Finalmusiken, composizioni per festeggiare la fine dell’anno accademico, suonate poi anche per le strade delle città nella medesima occasione.


Non si sa né per chi, né per quale occasione Mozart ha composto Eine kleine Nachmusik.


Ha un organico piccolo per soli archi: due violini, una viola, e una parte di basso per il violoncello e il contrabbasso. Sembra che Mozart abbia voluto scrivere la serenata perfetta, composta da un allegro, un adagio, un minuetto e un finale.


Tutto è in regola (strutturalmente e funzionalmente), ma anche in regola con quell’estetica che domina incontrastata sulle composizioni classiche. Forse è anche grazie a questo “estetismo musicale” che il classicismo e i suoi fautori hanno potuto elevare il genere musicale a modello superiore per ogni adepto di tale disciplina.

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