L’overthinking come nuovo alfabeto della Gen Z: Elegio porta la Baton Rouge in Italia

La scena rap più brutale d’America arriva nel nostro Paese senza essere addomesticata: una mossa strategica di discontinuità assoluta contro la "pulizia commerciale" imposta dagli standard

L’overthinking non è più una parola da social, ma un ecosistema mentale che definisce una generazione in bilico tra ipervigilanza e auto-sabotaggio. Una condizione quotidiana che si insinua in chi convive con la pressione di dover essere già “formato”, già “all’altezza”, già “risolutivo”, prima ancora di aver avuto il tempo di sbagliare. È una postura permanente, che consiste nel pensare troppo prima ancora di vivere, nell’interiorizzare la pressione prima ancora del fallimento. E in questo territorio, in questo spazio mentale saturo e quasi claustrofobico, nasce Overthinking (Starlight Records, Daylite Lab e The Orchard), il nuovo progetto di Elegio. Un brano che non infantilizza, ma circoscrive la crisi delle aspettative attraverso una disamina sonora che ne isola la matrice causale, la cui unica misura è la verità del contenuto.

Elegio si colloca fuori dalla grammatica trap italiana dominante e importa la Baton Rouge, corrente pressoché inedita nel mercato nostrano, nata nell’omonima capitale della Louisiana e caratterizzata da un’impalcatura sonora minimale, mai accomodante. Mentre il mercato attuale tende a convergere su produzioni levigate, formule prevedibili e algoritmicamente ottimizzate, Elegio e il produttore Kidd Reo utilizzano la purezza gritty della Baton Rouge per creare una perfetta coerenza sonora con un testo che parla di traumi. Si tratta dell'introduzione di un sottogenere sinora inesplorato, che posiziona Elegio in un punto di assoluta discontinuità rispetto all'omologazione.

Un’operazione culturale tutt’altro che convenzionale: la Baton Rouge è una delle pochissime scene rap contemporanee ancora non normalizzate dall’industria: una matrice sonora brutale, non conciliativa, nata in territori ad alta instabilità sociale, dove il suono non viene rifinito ma lasciato irregolare, imprevedibile. È quanto di più distante esista dalla trap italiana post-Spotify, realizzata spesso per trattenere l’ascolto, non per disturbare.

Negli Stati Uniti, artisti come Young Bleed, NBA YoungBoy, Kevin Gates e Boosie BadAzz hanno costruito un impero globale senza mai passare dalla “pulizia commerciale”: numeri da record, ma con un linguaggio volutamente non addomesticato. Questa resistenza alla codifica algoritmica è ciò che fa della Baton Rouge una delle poche scene ancora non assorbite dal mercato, perché presenta un sound che non dovrebbe funzionare, e proprio per questo oggi rappresenta un’anomalia dirompente.

Elegio, che arriva da Olbia, non emula un’identità che non gli appartiene, ma importa quel linguaggio nella sua funzione originaria. Non lo europeizza, non lo ammorbidisce, bensì lo adotta come la sua chiave di lettura del mondo, maneggiandolo come un detonatore verbale. Quella che propone non è una semplice alternativa stilistica, ma una forma narrativa autonoma, sinora solo richiamata solo in superficie.

Nel testo, l’overthinking si manifesta con un distacco lapidario, senza essere descritto. È performato mentalmente e in tempo reale nei versi del brano: «Ho tagli che non cureranno le banconote»

Una condanna esplicita dell’illusione meritocratica che identifica il successo economico con la felicità, dove l’arricchimento fallisce come antidoto al dolore.

«Con questo brano – dichiara l’artista - non volevo raccontare l’ansia, ma far capire come ti possiede nell'istante in cui credi di controllarla. L’overthinking non è un problema che hai, un'emozione, ma una fabbrica di ossessioni, un sistema che ti tiene in ostaggio: ti convince, con lucida follia, che tutto stia per esplodere. Il pezzo è la mia autopsia di uno stato mentale.»

Elegio decostruisce il disagio per una generazione, la sua, che viene spesso rappresentata come fragile o eccessiva. Lui ci dimostra un’altra cosa: che esiste una forma di intelligenza emotiva fredda, analitica, capace di studiare il dolore senza spettacolarizzarlo né assolverlo.

Il risultato è un'anomalia necessaria nel panorama musicale italiano, un suono che rifiuta l’accomodamento per la sua natura intrinsecamente non conciliativa. Elegio inietta una forma narrativa nuova, autonoma, dimostrando come la resistenza all'omologazione sia una mossa strategica di discontinuità assoluta più che paradigma di nicchia. Questa operazione analitica smonta l'ossessione per lo standard e per la "pulizia commerciale" imposta dagli algoritmi, una scelta di campo che sposta l’ansia dalla sua retorica.

"Overthinking" è l'affermazione che una generazione, lungi dall'essere fragile, possiede la capacità di decostruire il proprio disagio, trasformando la pressione claustrofobica in un lessico la cui unica misura resta la verità del contenuto. È l'introduzione di una scena che, anziché ammorbidirsi, adotta un linguaggio nella sua funzione originaria, riaffermando che i tagli veri non potranno mai essere curati dalle banconote.

Scheda dell'artista

Nome artista: Elegio
Origine: Olbia, Sardegna, Italia
Genere musicale: Rap / Baton Rouge / Trap non convenzionale
Descrizione breve: Elegio è un artista italiano che introduce in Italia la Baton Rouge, sottogenere rap statunitense caratterizzato da sonorità brutali e minimali. La sua musica decostruisce ansia e overthinking della Gen Z, trasformando pressioni e traumi in narrazione musicale lucida e diretta.
Caratteristiche distintive:
Porta il sound originale della Baton Rouge negli Stati Uniti in Italia senza ammorbidire il linguaggio.
Rifiuta la “pulizia commerciale” della trap italiana, creando testi e beat coerenti e non conciliativi.
Analizza il disagio generazionale con intelligenza emotiva fredda e analitica, senza spettacolarizzare il dolore.
Progetto recente: Overthinking (2025, Starlight Records / Daylite Lab / The Orchard) – brano che esplora la pressione mentale della Gen Z e introduce la Baton Rouge nel panorama musicale italiano.
Stile e filosofia artistica: Elegio utilizza la musica come strumento di discontinuità culturale, traducendo l’overthinking in un lessico emotivo crudo e autentico, opponendosi agli standard algoritmici del mercato musicale.
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