Amy Winehouse, l’arte che alla fine rovina tutto.
A quattro anni dalla sua scomparsa, di Amy rimane il ricordo di una rivoluzione culturale non del tutto compiuta, interrotta troppo bruscamente, come il volo di un aereo destinato a precipitare al suolo.
In realtà la storia della Winehouse è una storia abbastanza comune in campo artistico. Una vena autentica nata dalla vita e non dalla ricerca spasmodica di essere divi. Una autenticità che ha dato la sua musica. Una icona eterna. Questa ora resta di Amy. Non poco.
Amy artista è il frutto di una storia umana difficile, fin dai
tempi di scuola. Una storia ben rappresentata dalla sua firma, un logo lungo,
fatto di curve sinuose, e un cuoricino messo lì a sinistra, sopra il foglio. Una vita
complicata, dolce ma dispersiva, dove difendersi ha sempre voluto allontanarsi,
deviare, perdersi. A scuola la vogliono bocciare? La sua ribellione è di
infilarsi un pearcing da sola, allontanandosi da quei genitori a cui il controllo della vita della figlia
sfuggiva come sabbia tra le dita. Un dentro e fuori, un rapporto con la famiglia discontinuo
e difficile, e l’avvicinarsi alla musica (la prima chitarra la riceve a tredici
anni) segna l’adolescenza di Amy.
A sedici anni Amy ha il primo contatto con il mondo musicale professionistico, a 19 firma il suo primo contratto. Tutto questo non mette ordine alla sua arte, anzi viceversa, la sua arte cresce aumentando il disordine della sua vita. L’ascesa è inarrestabile. Si presenta sul mercato musicale nuova, diversa, inedita. Conquista il mondo della musica con una velocità clamorosa, parallelamente incide in quello dell’immagine, della moda. Un pezzo di realtà sembra pronto a cambiare seguendo il suo verso.
Intanto, al di là del mondo, la vita rimane disperata.
Le scenate di Amy sono leggendarie, molte le cause legali che subisce. Molti i
concerti in cui appare ubriaca, o le tournee interrotte. Alcool, droga, la
gente sa., lei sa, lei ci prova ma non riesce ad uscirne. Il crescendo della
sua dispersione accellera la sua creatività. Ha successo, crea, ma non riesce a
vivere. Lei è troppo sensibile, troppo emotiva, troppo fragile, specie dentro
uno spettacolo che vive di riflettori spuntati. “Bevo, alla fine mi ubriaco e
poi rovino tutto”. Nella vita capitava sempre cosi. Una sera di 4 anni fa Amy improvvisamente se ne è andata,
lasciandoci la sua arte, la sua immagine icona e tutto sommato il suo simbolico
che è quello di un’arte sporca e forse più vera. Ora fa parte delle icone
leggendarie e geniali dell’arte, con l’immortalità che ne consegue.
Lei, che alla fine faceva di tutto per finire. "Se domani morissi, oggi sarei una ragazza felice."