La sfiga di essere il miglior "schiavo"dell’uomo

Il cane. Macchè miglior amico, il miglior schiavo dell'uomo, così lo vorrebbero leggi, regolamenti locali etc etc. Vediamo...













Premessa: l’Unesco nel 1978 ha promulgato una carta universale dei diritti degli animali che però è solo ispirativa, una visione che sia “forte” e condivisa non esiste, esistono invece  i progressivi adeguamenti e riferimenti legislativi presenti in vari codici nazionali. Gli svizzeri ad esempio furono i primi a sancire in costituzione che gli animali non sono “cose” ma esseri viventi. Nel 2002 i tedeschi impegnarono nella carta lo stato a proteggere e rispettare non solo la dignità degli esseri umani ma anche quella degli animali. Altri stati si stanno avvicinando a considerare anche legalmente gli animali almeno come “parte” vivente dell’universo, con un minimo di diritti, ma tutto questo evolversi si sta svolgendo nel caos, una confusione poco mirata, in cui la lotta tra gli estremismi come al solito tende a bloccare, piuttosto che far avanzare, qualsiasi sviluppo progressista. 

Se questo avviene a livello generale, figuriamoci in quello locale, in cui come "animale" bisogna misurarsi con una specie urbana, quella dei cani.

Dunque, veniamo ai cani. Riassunto delle puntate precedenti:  sono stati esseri viventi autonomi in natura (sotto forma di lupo) che ad un certo punto il genere umano (per propria comodità) ha reso dipendenti a sé.

Di fronte a questo cammino millenario, fra cani e “padroni” si è realizzato un rapporto di reciprocità che non può più essere sciolto. Oggi l’uomo non ha più “bisogno” dell’uso pratico a cui i cani sono stati addestrati e così  gli animali danno a volte fastidio. Davanti a questo fastidio (di alcuni) il legislatore ha scelto una cosa semplice semplice: il cane non deve più avere libertà, solo un eterno guinzaglio.

E’ ormai assodato che l’umanità nel rapporto con i cani è divisa in tre gruppi. Il primo, quello più grande, i neutri. Quello che… i cani se esistono non è un problema loro ma dei padroni. Queste persone tollerano o se ne fregano, e via.

Il secondo insieme, più piccolo, è costituito da quelli che i cani li hanno, li conoscono e li amano.

Il terzo, almeno altrettanto piccolo dei padroni, da quelli che i cani li odiano.

La dialettica “violenta” è fra i secondi e i terzi. La dinamica che porterà ad ogni progresso sarà quindi una sintesi fra il terrore o la fobia o l’odio degli uni e l’amore appassionato degli altri.

Paure e malumore hanno portato la politica, come al solito, a scegiere la via più comoda, quella del divieto ovunque. In pratica: sei al mare? Guinzaglio e addirittura in certe località il cane non può andare a toccare la sabbia, e la seguente acqua salata, se non in qualche fazzoletto abbandonato in cui l’animale non può che essere isterico visto il sovraffollamento. Sei in campagna o nei boschi? In buona parte della sterminata natura, per i regolamenti locali vari il cane non cacciatore dovrebbe stare  al guinzaglio. In pratica,  anche lì, essere uno schiavo rispetto ad ogni altro animale lì presente, che è libero, tranne lui.

Se la vita del cane è per la politica così limitata in natura, figuriamoci in contesto urbano…

Ma il problema è: oggi, e domani, continuiamo a far finta di nulla, sbraitando addosso gli uni agli altri ancora per decenni, o ci mettiamo a ragionare per una soluzione intelligente e condivisa come vorrebbe la ragione umana e una buona politica?

Insomma, cominciamo a farci, e magari a rispondere legislativamente, a domande semplici?

La prima questione che viene, è: perché un cane in un bosco di migliaia di ettari dovrebbe stare al guinzaglio se il padrone si fida a lasciarlo libero?

E’ per una questione di protezione del cane stesso? A parte che è responsabilità del padrone, se il cane è essere naturale, condizione naturale per lui è essere libero.

E’ per una protezione degli altri escursionisti?  Va però considerato che gli stessi escursionisti si sono liberamente immersi in un ambiente ostile, fra vipere, cinghiali, lupi, volpi, orsi od altro, perché solo il cane, che verso l’uomo generalmente così ostile non è, deve essere penalizzato e schiavizzato? Fra l’altro è l’unico animale dietro a cui sta una responsabilità penale, quella che si assume il padrone.

O è perché avere i cani liberi è sostanzialmente prerogativa dei cacciatori?

Ormai, per ragioni culturali, sociologiche e anche economiche, anche quello dei cacciatori è un gruppo assai piccolo.

In un conflitto fra minoranze, una politica che sa fare il suo mestiere uno spazio di mediazione potrebbe, e dovrebbe, trovarlo. Questo anzi dovrebbe essere il suo mestiere... Il problema e però che noi siamo l' Italia, quindi aspettiamo naturalmente che si muovano altri, magari l'Europa…

  

  

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