Il Capitano della Guerra, Guidoriccio da Fogliano
Nel 1329, la conquista e la distruzione di Ansedonia da parte delle truppe senesi, con a capo il Capitano della Guerra Guidoriccio da Fogliano, vennero celebrate con la realizzazione dell’affresco nel Palazzo Pubblico di Siena, le cui sale erano diventate in quegli anni lo scenario fisico di una “pittura politica”, civile e di propaganda, capace di esaltare le campagne militari intraprese dal Comune senese.
Il 2 maggio del 1330 Simone Martini, artista già affermato e con alle spalle una serie di commissioni di innegabile valore, venne pagato 16 lire per:
“la dipentura che fece di Monte Massi e Sassoforte nel palazzo del Comune”.
Le truppe senesi, guidate da Guidoriccio, cominciarono l’assedio ai primi del 1328 facendo capitolare Montemassi solo nell’agosto del medesimo anno. È pertanto alla data di conquista del castello, e non a quella d’esecuzione dell’affresco, che fa riferimento l’iscrizione “anno domini MCCCXXVIII” riportata in basso sulla cornice.
Da numerose fonti storiche, siamo a conoscenza del fatto che Simone fu inviato dal Comune senese in Maremma per studiare e ritrarre i posti della battaglia dal vero, quasi come se vi fosse la voltontà di testimoniare la conquista di Siena sulla Maremma attraverso una realistica restituzione fotografica dei luoghi che videro trionfare le truppe senesi. Il ritratto della città e della campagna, il paesaggio come ritratto topografico, non trova per puro caso in Simone Martini il suo primo e più alto interprete; si sposa anzi con la sua grande capacità ritrattistica complessiva, con la sua vocazione d’origine alla resa naturale.
La conquista e l’annessione dei castelli della Maremma, faceva parte di una campagna di controllo che vide come protagonista militare il condottiero dell’esercito senese Guidoriccio di messer Niccolò dei conti di Fogliano, originario di Reggio Emilia.
Guidoriccio ricoprì l’incarico di Capitano della Guerra del Comune di Siena per un periodo eccezionalmente lungo, dal 1327 al 1333 e poi di nuovo dal 1351 alla morte, nel 1352.
La figura, la “statua equestre” del condottiero, si articola in un unico affresco, il quale spicca nella parte alta della parete di fronte alla Maestà nella sala del Mappamondo. Si tratta di un'icona che per almeno un secolo ha rappresentato il simbolo di un Medioevo romantico, popolato da virtuosi cavalieri, merlati castelli ed imprese eroiche.
Simone ebbe la rara capacità di concentrare lo sforzo ritrattistico nel profilo caratterizzato del volto del condottiero, come già nel San Ludovico di Napoli e nella stessa cappella di San Martino ad Assisi, e di sposare la naturalezza ed il senso plastico della forme con l’eleganza ed il ritmo gotico della linea, ad esempio negli svolazzi ondosi della gualdrappa. Il dipinto è oggi una delle opere più discusse del Trecento italiano, contestato e messo in dubbio da diversi studiosi sia come prodotto autografo di Simone, sia come rappresentazione di Montemassi e di Guidoriccio, sia in fine nella sua natura di prodotto trecentesco o medievale, accusato di essere un falso sei o settecentesco.
L’affresco fu realizzato con tecniche, strumenti, materiali - come l’uso estensivo di foglie di stagno dorato o quello d’una sistematica punzonatura volta ad operare le superfici- del tutto propri ai modi di Simone Martini ed alla sua vocazione polimaterica. Tuttavia l’affresco del Guidoriccio presenta una stesura pittorica rapida e sommaria a larghe giornate, in origine forse sette od otto in tutto, che ne differenzia l’esecuzione dagli affreschi di maggiore impegno, come la già citata Maestà.
Pur nella rapidità dell’esecuzione di un prodotto di tal genere, il pittore senese riuscì a trasmettere i caratteri distintivi ed inequivocabili della sua arte, come l’effetto operato e prezioso delle superfici.