Miti e leggende del Medioevo: il Prete Gianni
Dal punto di vista mitologico e leggendario, il Medioevo è una delle epoche storiche più ricche e prolifiche. Numerosi sono stati i luoghi, i popoli e le creature che hanno animato l’immaginario dell’uomo medievale. Fra i personaggi più noti vi è un sovrano sacerdote il cui mito, a partire dalla seconda metà del XII secolo, si è diffuso in tutto l’Occidente ed è sopravvissuto ben oltre la conclusione canonica del Medioevo: il Prete Gianni.
Egli era il re di un territorio molto vasto, che descrisse in una lettera indirizzata all’imperatore bizantino Manuele I Comneno. Il contenuto si inserisce nel filone della “materia d’India”, regione nella quale, sin dall’antichità, i miti teratologici e la geografia favolosa si mescolano.
Il Prete Gianni viene menzionato per la prima volta da Ottone di Frisinga nell’Historia de duabus civitatibus, composto tra il 1143 e il 1145. L’autore riporta quanto raccontato da Ugo di Jabala durante un’ambasceria, compiuta per conto di Raimondo principe di Antiochia, presso la corte pontificia: un certo Presbyter Iohannes, cristiano nestoriano, aveva sconfitto in guerra i re dei Medi e dei Persiani. Probabilmente, l’episodio storico di riferimento è la sconfitta del principe musulmano Sanjar a opera del re mongolo Ta-Shih, avvenuta nel 1141. Considerando Gianni un personaggio realmente esistito, Ottone dimostra che in Oriente si trova un potenziale alleato dei cristiani contro i musulmani; il sovrano sacerdote, infatti, aveva tentato di riconquistare il Santo Sepolcro e l’impresa non riuscì solo perché le avverse condizioni metereologiche non gli avevano permesso di proseguire oltre il fiume Tigri.
Il primo autore che cita la Lettera del Prete Gianni, invece, è Alberico delle Tre Fontane: nel Chronicon, composto tra il 1232 e il 1251, sotto l’anno 1165, afferma che il Presbyter Iohannes aveva scritto una lettera indirizzata a vari re, tra i quali Manuele Comneno e Federico Barbarossa.
I due autori su riportati sono tra le poche certezze che animano il mito del Prete Gianni. Chi era in realtà? qual è l’origine del suo nome? chi ha veramente scritto la lettera, quando e per quale motivo? Le risposte non possono essere che vaghe. Se la maggior parte degli studiosi propende a identificare Gianni con il re mongolo nominato in precedenza, l’origine del suo nome rimane oscura. Alcuni, come Giuseppe Tardiola, fanno risalire il suo nome alla latinizzazione di quello cinese “Wang”, reso in turco con “Han”. Altri, come Vsevolod Slessarev, si ricollegano alla leggenda di San Tommaso. Negli Atti apocrifi si racconta che l’apostolo si trovava nel regno di Madzai per predicare, quando il re lo uccise. I suoi discepoli chiesero di avere il corpo per dargli una degna sepoltura: tra loro vi era il figlio del sovrano, Vizan, il cui nome ricorda quello di Gianni. L’appellativo Presbyter, invece, si trova nella Lettera e vuole essere una dichiarazione di umiltà. Ovviamente essa è fittizia, dato che lungo tutto il testo il re afferma la propria superiorità etica ed economica.
Il vero autore della Lettera è ignoto. Si può solo ipotizzare che fosse un chierico, che lavorasse nelle cancellerie dei potenti, che fosse un profondo conoscitore delle fonti della letteratura relativa all’Oriente e che scrivesse per un pubblico colto. I contenuti della Lettera, purtroppo, permettono di delinearne solo un ritratto generico.
Non si conosce la data esatta di composizione dell’epistola. Basandosi sul Chronicon di Alberico, verosimilmente la Lettera circolava già nel 1165. Il primo editore della versione latina, Friedrich Zarncke, ha stabilito come terminus ante quem il 1177, anno in cui papa Alessandro III scrisse una lettera indirizzata a un certo Iohannes re delle Indie. Edmond Faral, invece, ritiene che il testo sia stato scritto tra il 1150 e il 1160, perché lo considera una delle fonti del Roman d’Eneas.
Incerti sono i motivi per i quali l’anonimo autore abbia composto la Lettera, anche se è possibile immaginare che lo avesse fatto per una ragione politica. Nella seconda metà del XII secolo, l’Europa era dilaniata dalle guerre, i capi spirituali e temporali si contrapponevano e la Terra Santa era stata sottratta ai Crociati. Con la figura di Gianni, si trasmetteva un messaggio sia di unità, in quanto i due poteri universali si trovavano in una sola persona, sia di speranza, in quanto c’era un re, che abitava al di là dei territori occupati dai musulmani, pronto a riprendersi il Santo Sepolcro.
A
decretare l’enorme successo e la diffusione della Lettera non è
stato il livello di lettura politico, bensì quello della geografia
teratologica. Il regno del Prete Gianni è un coacervo di popolazioni
infernali, di creature mostruose, di tesori inestimabili, di
meraviglie, insomma, che l’uomo europeo non ha mai visto. Dato che
le mirabilia
spesso sono presentate sotto forma di elenco approssimativo, gli
studiosi hanno ipotizzato che la modalità di lettura fantastica
fosse subordinata a quella politica. Tuttavia, la descrizione di un
monde
à l’enverse
aveva talmente colpito l’immaginario dei lettori che la gerarchia
tra i due livelli interpretativi era stata capovolta.
Si conoscono più di cento manoscritti che tramandano la Lettera, mentre cinque sono le interpolazioni, composte tra il XII e il XIV secolo, che approfondiscono il tema del meraviglioso. La prima traduzione in volgare di cui si ha conoscenza è della fine del XII secolo e appartiene a Roanz d’Arundel, che volge in anglonormanno il testo latino. Da quel momento il pubblico dei lettori si amplia, perché l’epistola diventa accessibile anche a coloro i quali non conoscevano la lingua latina.
La peculiarità del mito di Gianni è stata quella di aver valicato i confini letterari per diventare oggetto reale di ricerca. Chiunque si recava in Oriente cercava le mirabilia descritte nella Lettera. Tra gli altri lo fece anche Marco Polo, che identificò il Presbyter in un re, tutt’altro che ricco, sconfitto dai Tartari. Nel Milione, la delusione per il fallimento della ricerca era evidente.
Nel corso dei secoli l’orizzonte geografico si sposta: dall’India, che comincia a essere meglio conosciuta, si passa all’Etiopia, ancora inesplorata. Tuttavia, le motivazioni della ricerca non cambiano, dato che è sempre presente la necessità di trovare un alleato contro i nemici dei cristiani.
L’ultima tappa di questo meraviglioso viaggio risale al 1540, quando Francisco Alvares pubblica Verdadeira Informação das Terras do Preste João das Indias, nel quale la figura del re sacerdote viene notevolmente ridimensionata: di conseguenza, ritorna a essere un mito letterario. Per quattro secoli il regno del Prete Gianni ha alimentato l’immaginario collettivo, orientando l’interpretazione della realtà, ha aiutato a spiegare ciò che era ignoto e ha mosso alla curiosità i più intrepidi, aiutandoli nell’esplorazione del mondo.