La cultura dell'abbandono
Sì lo so, ci sono blog, siti, pagine facebook a dismisura per questo tipo di discussioni. E sì, lo so, qui, su questo giornale, vogliamo parlare, parliamo e parleremo di cultura. Ma questa foto, è una foto che c’entra, eccome, con la cultura umana. Perchè davvero, credetemi, non c’è nulla di più colto per l’umanità che allontanarsi da una immagine come questa. Quello che ci guarda dentro lo schermo è il rappresentante di una razza animale, da noi creata, per costituzione incapace di farci del male per prima. Loro sono obbligati ad amarci. Ma questa foto viene da uno svincolo autostradale e, e dietro ad essa c’è il gesto dell’uomo, lui sì capace di fare volontariamente del male. Ora, questa
foto presuppone il fatto che un uomo, abbia preso un altro essere vivente, assieme al suo “nido”, la cuccia in cui ha vissuto (e sofferto, e amato), l'ha caricato in macchina con l’inganno, ha retto il suo sguardo in un viaggio senza ritorno, preso in giro mentre lo scaricava, e poi, chiusa la portiera, lo abbia abbandonato, magari riservandosi l’ultima immagine dentro lo specchietto retrovisore, quella di uno sguardo sorpreso che diventava sempre più piccolo, e lontano, fino a sparire.
Cosa c’entra con la cultura questo? Beh, c’entra, perché a
muovere quell’uomo, amplificata per un milione perché qui l’abbandono ricadeva
su un essere vivente, è la stessa cultura che sta uccidendo le nostre città, la
nostra società, il nostro pensiero. Quella che si chiama cultura
dell’abbandono.
Cultura è sapere che tutto ciò che ci circonda è più complesso rispetto a quello che vediamo, e sentiamo. E’ riuscire a salire sui banchi, come la scena dell’attimo fuggente, e vedere che lì, un passo sopra, il mondo è diverso.
Cultura è sapere che ogni nostro gesto non è mai solamente
nostro, ma è del mondo. Cultura è capire che il mondo non finisce con il nostro
piacere o con il nostro dolore.
Cultura è sapere che noi non siamo il centro di nulla, e che il mondo non inizia e finisce con noi, la nostra gioia, o dolore. Magari dietro all’abbandono ritratto nella foto, o in quello di un monumento, o di un pensiero, o di una canzone, o di una poesia, o di un bene ambientale, c’è un contingente doloroso individuale.
Purtroppo, la cultura dell’abbandono, si nutre di ogni individualismo assoluto. Del concetto, il mio dolore è più importante del tuo.
Il rimedio alla cultura dell’abbandono? Una società solidale, una impregnata di cultura solidale verso il bello e il buono, in cui l’attore di quel bello e di quel buono sono io, non l’altro.
Un amore comune verso chi e ciò che ci circonda, non contemplerebbe nessun abbandono. Specie quello di un essere di una specie voluta e usata da noi, che non sa per istinto farci del male, ma solo amarci.
Voi mi chiederete, che c’entra quella foto con Dossier Cultura?
Io vi rispondo, c’entra, eccome se c’entra!