Visti per voi: Escher a Palazzo Reale a Milano
La grande retrospettiva presenta il maestro olandese e le sue opere secondo una logica del tutto nuova, con una formula già collaudata a Roma, Bologna e Treviso.
Si tratta, dunque, di una mostra complessa, come complesso è l’insieme di problematiche presentate dal genio creativo di Escher.
Le opere visibili al pubblico fanno parte di un’unica collezione, quella di Federico Giudiceandrea, studioso e appassionato di Escher, che è riuscito a trasformare la passione adolescenziale per questo genio creativo in una vera e incredibilmente ricca collezione di incisioni, affiancate da quelle di altri artisti con un percorso simile, come Piranesi con il suo Arco gotico, vera e propria architettura impossibile, e Luca Patella, che, partendo dall’insegnamento Duchamp, ha creato oggetti vicini alla creatività di Escher: in mostra The Wrong and the Right Bed.
Fatta la dovuta premessa sulla particolarità di questa esposizione, complessa e completa, vi raccontiamo la nostra visita. A disposizione del pubblico, una volta acquistato il biglietto di accesso alla mostra, vi sono le audioguide, incluse nel prezzo del biglietto, distinte fra audioguide per adulti e quelle per bambini, con racconti ad hoc.
Maurits Cornelis
Escher (1898-1972) è sicuramente adatto anche ai più piccoli, perchè è un artista in grado di affascinare tutti, grandi e
piccini, con le sue aberrazioni e costruzioni impossibili.
La mostra si apre con una prima sezione, La formazione: l’Italia e l’Art Nuveau. Allora ancora studente, Escher è affascinato dalla tassellazione delle opere Liberty, ma è anche molto influenzato dal paesaggio italiano, Paese dove vive a più riprese fra il 1921 e il 1935, e dove intesse rapporti con l’avanguardia futurista di Roma, con i suoi richiami ai simbolisti e ai divisionisti, condividendo molti viaggi con l’incisore svizzero Triverio, viaggi durante i quali produsse moltissime opere.
Molte opere
presenti in questa sezione sono dedicate proprio al paesaggio italiano e allo studio
dei multipli in essi presenti sotto forma di rocce con strutture particolari,
ad esempio, o di elementi naturali di altro tipo.
Alla fine del 1930 Escher torna a casa depresso e con un certo senso di sconfitta dai viaggi nell’Italia meridionale: non era riuscito a vendere le sue incisioni e soffriva sia fisicamente, sia economicamente. Metteva in dubbio le proprie capacità e si chiedeva se avrebbe dovuto continuare il proprio percorso come artista o se avrebbe piuttosto dovuto dedicarsi ad altra professione. Ma lo storico dell’arte G.J. Hoogewerff, allora direttore dell'Istituto olandese di cultura di Roma, gli suggerì di comporre un Emblemata, un insieme di massime a sfondo morale che riprendono, da un lato, la tradizione dei proverbi fiamminghi e, dall'altro, quello dei motti latini del 1531 di Andrea Albiate ad Augusta in Germania, il Liber Emblematum, nel quale i motti in latino erano accostati a immagini. Ne venne fuori un insieme di epigrammi con motti latini di quattro righe illustrati da incisioni. Lo studioso, sotto lo pseudonimo di A.E. Drijfhout, fornì molti degli epigrammi. Sotto il proprio nome, invece, fece profondi apprezzamenti in un articolo che scrisse per fornire a Escher l’incoraggiamento necessario a proseguire con il proprio lavoro artistico. Gli emblemata della collezione sono molti e sono tutti in mostra a Palazzo Reale: si tratta di incisioni in bianco e nero, per le quali Escher usò in realtà il solo inchiostro nero, creando l’illusione del grigio tramite il variare la larghezza e la vicinanza delle linee bianche, e creando stupende ombre e luci, come nel Dado e nella Candela. Alcune delle incisioni riportano motivi che verranno poi ripresi da Escher in creazioni future, e sono spesso motivi che, attraverso la scelta delle immagini stesse o delle parole, come nel Vaso di Fiori, smentiscono i motti latini riportati. In alcuni sono molto evidenti le relazioni con Balla e con il Futurismo: basta confrontare la mano del Violinista di Balla e Acciarino o Pietra Focaia di Escher, che è il decimo Emblemata, presente in mostra.
Pochi anni dopo, nel 1936, Escher visitò l’Alhambra, a Cordova, e quella visita rinnovò in lui l’interesse per la tassellatura, già manifestato ampiamente a seguito della sua formazione art nuveau, come testimoniato dalla presenza alla mostra di Flächenschmuck di Koloman Moser (1868 - 1918) pubblicata nel 1902, sorta di prontuario delle arti applicate, punto di riferimento per il movimento Art Nuveau europeo. Escher studiò con meticolosità le decorazioni moresche che caratterizzano lo straordinario edificio spagnolo.
Come si vede sempre attento agli stimoli culturali e visivi dell'epoca, Escher non si lascia sfuggire le suggestioni che provengono dalla conoscenze dell'arte incisoria giapponese: un'arte ormai nota all'Europa fin dalla metà del diciannovesimo, ma in terra olandese già dal seicento, epoca in cui i Paesi Bassi erano la sola nazione che aveva accesso ai commerci con il Giappone. E in mostra è presente anche uno straordinario quadro del maestro Hokusai, Koshu Kajikazawa.
In mostra anche due vasi, che rappresentano la Legge del Pieno e del Vuoto, e il vaso di Rubin: un caso particolare del rapporto fra pieno e vuoto, dal momento che primo sguardo il vaso è un vaso concreto, ma il vuoto ai lati si configura come la presenza di due profili umani, che sono a loro volta il pieno se si considera vuoto il vaso, come accade nei Vasi fisiognomici di Luca Patella. E c’è la possibilità di utilizzare piccoli vasi magnetici per riprodurre questo fenomeno e capirlo meglio, ad altezza adulto e bambino.Attraverso tutto il percorso espositivo vi sono delle "stazioni" nelle quali poter sperimentare alcune delle leggi matematiche che si vedono ritratte nei quadri di Escher, e dove poter scattare fotografie che riproducono il visitatore come se si trovasse all'interno del quadro stesso.
La terza sezione si concentra sulle superfici riflettenti e sulla struttura dello spazio: Escher è da sempre affascinato dalle superfici riflettenti e il suo primo autoritratto su specchi curvi risale al 1921. Utilizzando una sfera per riflettere i raggi che provengono da tutte le direzioni, si rappresenta tutto lo spazio intorno a sè e gli occhi dell’osservatore sono sempre al centro: la sensazione è quella dell’io al centro del mondo. Così, l’Io è, lo scrive lo stesso Escher, il protagonista indiscusso al centro del mondo che gli gravita intorno. In questa sezione la tassellatura viene a rappresentare figure piane e solide, in una varietà compositiva variegata, senza lasciare vuoti, come in Profondità del 1955, dove la tassellatura riprende la struttura degli atomi del ferro, riprendendo la passione di Escher per metalli e cristalli e per le leggi di organizzazione molecolare dello spazio.
Un esempio stupefacente di questa suddivisone regolare dello spazio è rappresentato dall’opera Mosaico, Riempimento, II 1957. L’opera Tre sfere I, del settembre 1945, invece, ci mostra la grandissima abilità di Escher quale incisore: bisogna infatti tenere presente che l’incisione è il risultato a rovescio dell’opera dell’artista: il bianco corrisponde ai solchi incisi sulla matrice di legno, il nero a ciò che non viene inciso. Escher non lavora più solamente sulla suddivisione dello spazio in modi continui, ma anche con i paradossi geometrici: dal foglio allo spazio, si ha l’impressione che le sfere buchino il quadro, diventando tridimensionali. Escher dunque, oltre alla suddivisione, fa uso delle leggi della percezione visiva e dell’indagine delle leggi della cristallografia.
La grafica acquisisce una plasticità tridimensionale. Ma non si accontenta nemmeno di questo, va anche alla ricerca di quei paradossi rappresentati dagli oggetti impossibili: costruzioni a prima vista del tutto verosimili, ma in realtà irrealizzabili. Un esempio molto noto è quello delle Mani Che Disegnano, del gennaio 1948, ma anche Su e Giù, del luglio 1947, e Relatività, del luglio 1953.
L’opera mostra una serie infinita di trasformazioni basate su diversi tipi di tassellature e assonanze logiche e formali che si concludono con la veduta di Atrani, il paesino della scogliera amalfitana, caro all’artista, che vi aveva trascorso il suo viaggio di nozze. Escher aveva ritratto Atrani nel 1931.
L’ultima sezione, la quinta, è dedicata ai paradossi geometrici spostando il piano dal foglio allo spazio, per ricordare che Escher, oltre che artista, è stato anche studioso delle scienze matematiche e geometriche.
La linea di confine tra Escher e i matematici è sottile e determinante; ma l’attrazione fu reciproca e felice. Il genio olandese, infatti, era l’unico in grado di dare un’immagine alle sue fantasie attirando a sé l’attenzione degli scienziati e iniziando col loro mondo uno scambio che non si fermò neppure dopo la sua scomparsa. In essa, lo straordinario quadro Galleria di stampe, del (1956), una raffinata versione dell’artificio “dell’immagine nell’immagine” detto anche Effetto Droste (nome che deriva dalla scatola del famoso cacao olandese) che ha attirato gli scienziati in un dibattito protrattosi per quarantasette anni, senza che si riuscisse a risolvere un problema che pareva insolubile per la sua complessità enigmatica e per il mistero sul quale la stessa opera di Escher cercava di far chiarezza.
Per capire la complessità dell’opera, e la difficoltà di risoluzione matematica dell’effetto finale, per il quale l’opera rimase incompleta, a causa della difficoltà di farla congiungere al centro, nel quale a quel punto Escher lasciò uno spazio vuoto riempiendolo con la propria firma, si pensi che il “mistero” fu risolto solo nel 2003, quando due matematici, H. Lenstra e B. DE Smit dell'Università di Leida sono riusciti a chiudere il quadro. Una rappresentazione di come avrebbe dovuto essere chiuso è riportato in Trasformazione Conforme Gestaltheorie.
Escher crea ex libris per grandi committenti e biglietti da visita, affrontando il tema con un approccio originale ed immediatamente riconoscibile. Infatti, questi lavori rappresentano per Escher ghiotte occasioni per sperimentare soluzioni che poi avrebbe utilizzato nei grandi capolavori.
Oltre a ex libris e biglietti da visita, Escher ha illustrato scatole da regalo, francobolli e biglietti d’auguri; la sua arte è entrata nel mondo dei fumetti, è finita sulle copertine degli LP di noti gruppi come i Pink Floyd; le sue strutture impossibili sono usate per alludere a situazioni paradossali e per stupire con architetture, nella realtà, irrealizzabili.
Citazioni dell’arte di Escher, come le sue scale impossibili, si ritrovano in episodi animati di Mickey Mouse e poi dei Simpson. I suoi studi sono ripresi anche in pubblicità, come quella dell’Audi del 2007 basata su stampe famose come Cascata, presenti in mostra.
Spezzoni del film fantastico Labyrinth del 1986 con David Bowie, prodotto da George Lucas, in cui si vede una scena costruita sull’immagine di Case di scale, sono visibili nell’ultima sezione. Infine, la collaborazione con Studio lungo il percorso della mostra si trova una stanza quadrata nella quale scorrono, a diverse altezze, quattro rampe di scale. Un’installazione poetica che suggeriscce l’opera Relatività del maestro olandese, dove un universo profondo affonda sotto i piedi del visitatore. Tra le scale compaiono piccoli animali, sfuggiti alle metamorfosi escheriane.